iMessage e WhatsApp non utilizzabili nel processo tributario
Dirimente l’impossibilità di procedere a un’estrazione controllata e certificata
I messaggi inviati con iMessage, così come tramite WhatsApp, non possono costituire fonte di prova in sede tributaria in quanto, in mancanza della possibilità di procedere ad un’estrazione controllata e certificata, non può esserne valutata la genuinità.
La sentenza della Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, la n. 105/1/21, depositata ieri, analizza l’interessante questione del valore probatorio delle risultanze derivanti dai servizi di messaggistica istantanea.
L’accertamento prende le mosse da un soggetto, ritenuto amministratore di fatto di una società, poi dichiarata fallita, che avrebbe sfruttato come schermo giuridico e utilizzato fatture per operazioni oggettivamente inesistenti.
La sua qualità di amministratore sarebbe stata comprovata da alcuni messaggi,
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