Bancarotta da false comunicazioni sociali anche per l’amministratore senza deleghe
La Cassazione, nella sentenza n. 23014/2023, ha precisato che commette il reato di bancarotta impropria da false comunicazioni sociali, ex art. 223 comma 2 n. 1 del RD 267/42, l’amministratore che:
- attraverso mendaci appostazioni nei bilanci, simuli un inesistente stato di solidità della società, consentendo così alla stessa di ottenere nuovi finanziamenti bancari, giacché, agevolando in tal modo l’aumento dell’esposizione debitoria della fallita, determina l’aggravamento del dissesto;
- esponga nel bilancio dati non veri al fine di occultare l’esistenza di perdite e consentire la prosecuzione dell’attività di impresa in assenza di interventi di ricapitalizzazione o di liquidazione, con conseguente accumulo di perdite ulteriori.
Di tali condotte risponde anche il vice presidente del CdA privo di deleghe. La redazione del bilancio, infatti, ai sensi dell’art. 2381 comma 4 c.c., costituisce compito del CdA (ove la società abbia scelto di dotarsi di un organo collegiale) e non è attività delegabile ai singoli amministratori (nel CdA del caso di specie, peraltro, neppure risultavano formalizzate deleghe di sorta).
Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri loro imposti dalla legge o dallo statuto, a meno che non si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di uno o più dei consiglieri (art. 2381 comma 2 c.c.). Di conseguenza, a meno che l’atto non rientri nelle attribuzioni delegate al comitato esecutivo, o a taluno dei consiglieri, tutti i componenti del CdA rispondono – salvo il meccanismo di esonero contemplato dagli artt. 2392 comma 3 c.c. e 2476 comma 1 c.c. (che prevedono l’esternazione e l’annotazione dell’opinione in contrasto da parte del consigliere dissenziente nonché immune da colpa) – degli illeciti deliberati dal consiglio.
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