In caso di liquidazione e collaudo, per le società di comodo conta la condotta della società
In due recenti pronunce la Corte di Cassazione ha risolto con esiti differenti due giudizi che avevano ad oggetto la disapplicazione della disciplina delle società di comodo di cui all’art. 30 della L. 724/94, in entrambi i casi valorizzando l’operato della società considerata non operativa.
Nell’ordinanza n. 15258 depositata l’8 giugno 2025, il motivo della disapplicazione, per la società contribuente, era il mancato collaudo di un fabbricato nel quale doveva essere esercitata l’attività economica, a causa di non meglio precisati inadempimenti contrattuali. La Suprema Corte, però, ha rilevato che non sussistesse un impedimento oggettivo all’ottenimento dei permessi necessari all’avvio dell’attività e che l’inadempimento fosse piuttosto riconducibile alla stessa società, dalla cui volontà in ultima analisi veniva a dipendere la condizione di non operatività.
Nell’ordinanza n. 15227 depositata il 7 giugno 2025 la condotta della società è stata valutata in modo diverso, e diverso è stato l’esito del giudizio. La non operatività è stata riscontrata nel corso della liquidazione (si noti che la causa di disapplicazione automatica di cui al provv. Agenzia delle Entrate 14 febbraio 2008 n. 23681, non attivata forse perché introdotta quando la società era già in liquidazione, ha in ogni caso un effetto temporale limitato), che a giudizio della Corte è stata effettuata in modo diligente e in tempi ragionevoli.
L’esito favorevole al contribuente è motivato sulla considerazione del riscontro della effettiva volontà della società di porre in essere “adeguate iniziative volte a perseguire il realizzo del patrimonio aziendale” (circ. Agenzia delle Entrate 2 febbraio 2007 n. 5 § 4.3), verificata anche in retrospettiva (essendo il contenzioso riguardante gli anni 2007 e 2008, l’immobile e la partecipazione della società alienati nel 2010 e nel 2011).
Da segnalare, infine, che l’ordinanza n. 15227/2025 conferma ancora l’illegittimità del disconoscimento del diritto alla detrazione dell’IVA sulla base dei soli parametri numerici dell’art. 30 della L. 724/94, sulla scia dei principi dettati dalla Corte di Giustizia Ue nella sentenza Feudi di San Gregorio (causa C-341/22).
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