ACCEDI
Venerdì, 7 novembre 2025 - Aggiornato alle 6.00

FISCO

La rendita corretta non retroagisce se l’errore è del contribuente

Secondo la Cassazione, la rendita rettificata ha efficacia retroattiva solo se l’errore di stima è stato commesso dall’ufficio

/ Antonio PICCOLO e Stefano SPINA

Venerdì, 7 novembre 2025

x
STAMPA

download PDF download PDF

In materia di determinazione della rendita catastale, l’errore del contribuente non ha effetto retroattivo, al contrario, invece, di quello attribuibile all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate - Territorio. Questo secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (ribadito nelle recenti pronunce Cass. nn. 5454/2025 e 21908/2024). Così, per esempio, in caso di rettifica in diminuzione della rendita catastale, derivante dalla correzione di errori di stima commessi in sede di accatastamento e attribuibili all’indicazione di eccessivi valori unitari (valori fuori mercato e comunque superiori a quelli esposti dall’ufficio nel proprio prontuario o prezzario), oppure, derivanti dall’applicazione di un eccessivo tasso di redditività o fruttuosità, la variazione ha effetto retroattivo (ex tunc) se l’errore è riconosciuto o riconoscibile (in quanto evidente e incontestabile) dallo stesso ufficio che lo ha commesso, mentre ha effetto innovativo (ex nunc), se l’errore è attribuibile al contribuente.

Dunque, a fronte di una rendita catastale viziata da errori di stima, il decorso dell’efficacia della rendita corretta può variare a seconda che gli errori siano stati commessi dall’ufficio oppure dal contribuente.
Pertanto, poiché la rendita catastale costituisce il parametro di riferimento per l’individuazione della base imponibile di una serie di tributi erariali e locali (come, ad esempio, l’IMU), si avrà una diversa imposizione a seconda del soggetto cui è attribuito l’errore: ciò pare in contrasto con i principi di uguaglianza e capacità contributiva di cui agli artt. 3 e 53 della Costituzione.

In ragione dei principi costituzionali, infatti, dovrebbero riconoscersi degli effetti equi in presenza di errori sul dato catastale pro e contro il contribuente.
Frequentemente, invece, l’Agenzia delle Entrate - Territorio, a fronte della dichiarazione DOCFA di variazione, effettua il controllo e procede con apposito avviso di accertamento catastale alla rettifica della rendita, solo se viene rettificata in aumento la rendita proposta dal contribuente. Al contrario, in caso di riconoscimento, da parte dell’ufficio, di una rendita inferiore, questo non notifica alcun provvedimento, così da costringere il contribuente a controllare (anche dopo diversi anni) gli eventuali errori commessi, in tal modo non tenendo in debito conto che l’Agenzia delle Entrate - Territorio è l’organo competente all’individuazione della rendita catastale definitiva.

Al riguardo si richiama che, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (recepito anche nella citata Cass. n. 5454/2025), al contribuente deve essere sempre riconosciuto il diritto di modificare, senza alcun limite temporale, la rendita “proposta” tramite la procedura DOCFA, quando la situazione di fatto o di diritto originariamente denunziata non sia veritiera.

Se, dunque, il procedimento di classamento è di tipo accertativo e mira solo ad individuare il corretto valore economico del bene attraverso la rendita catastale (per consentire una corretta imposizione), allora il contribuente dovrebbe mantenere il diritto di rettificare ex tunc la rendita a suo tempo “proposta” (laddove la situazione di fatto e di diritto ab origine denunziata non sia veritiera).

Peraltro, la dichiarazione DOCFA costituisce solo l’atto iniziale di un procedimento amministrativo di tipo “cooperativo” per il classamento degli immobili: ciò poiché le rendite proposte con la DOCFA dovrebbero essere approvate o rettificate dall’ufficio, che verifica l’idoneità di tali rendite a rappresentare l’indice di capacità contributiva del contribuente, e dunque a valere come base imponibile.

Inoltre, il principio di “collaborazione e buona fede” nei rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria dovrebbe precludere a quest’ultima di far percepire imposte non dovute, in quanto versate dal contribuente sulla base di sue dichiarazioni errate.

Rispetto del principio di capacità contributiva

Sia i giudici di legittimità (Cass. n. 36231/2022) che l’Agenzia del Territorio (circolare n. 10/T del 4 agosto 2005), hanno riconosciuto che l’operazione di classamento ha natura dichiarativa ed effetti retroattivi, in quanto stima tecnica vincolata dalla disciplina catastale, sicché la rendita “proposta” con procedura DOCFA “non acquista definitività”.

La Suprema Corte ha inoltre in più occasioni affermato che la “capacità contributiva” deve costituire l’unico parametro di riferimento dell’imposizione; tale principio impone quindi di escludere qualsiasi interpretazione da cui possa derivare la soggezione del contribuente ad un prelievo fiscale maggiore, minore o, comunque, diverso da quello effettivamente dovuto (Cass. n. 5553/2024). Sicché, resta poco comprensibile la ragione per cui, se l’errore è attribuibile all’ufficio, la rettifica (in aumento o diminuzione) della rendita ha effetto retroattivo, mentre, se l’errore è commesso dal contribuente, la variazione diminutiva della rendita ha effetto ex nunc.

TORNA SU