Senza prospettive di risanamento non si accede al concordato semplificato
Utilizzo distorto dell’istituto in presenza di frode ai danni dei finanziatori
Il Tribunale di Milano, con sentenza del 25 settembre 2025, ha ribadito come il concordato semplificato ex art. 25-sexies del DLgs. 14/2019 rappresenti l’“extrema ratio”, alla quale il debitore può affidarsi quando non sussista un’altra possibilità operativa e gli strumenti di regolazione della crisi, tanto contrattuali quanto concorsuali, annoverati dell’art. 23 del DLgs. 14/2019 come esiti fisiologici della composizione negoziata, siano impraticabili.
Per l’accesso allo strumento, tuttavia, è necessario che, in sede di composizione negoziata, siano state esplicitate le concrete prospettive di risanamento e che le stesse siano state discusse in buona fede con i creditori, ma senza esito positivo.
Quando il percorso intrapreso con questi presupposti non si concluda positivamente, è possibile intraprendere lo strumento concordatario, di natura coattiva e liquidatoria, in quanto finalizzato a consentire all’imprenditore – nel momento in cui l’unica alternativa possibile sia la liquidazione giudiziale – di imporre ai creditori un concordato basato sulla cessione degli asset, prevista anche antecedentemente all’omologazione.
I giudici ricordano, d’altra parte, come la trattativa non sia un adempimento meramente formale, ma rappresenti il cuore del procedimento di composizione negoziata, presupponendo il confronto, l’apertura e la disponibilità delle parti. Ne consegue che l’assenza di interlocuzioni sostanziali, la mancanza di riscontri alle sollecitazioni dei creditori e l’inerzia informativa del proponente possono denotare, come nella specie, una gestione statica e autoreferenziale, che, secondo i giudici, risulta incompatibile con la funzione cooperativa che il legislatore ha inteso attribuire alla composizione negoziata.
Il concordato semplificato, che scaturisce dal procedimento di composizione privo degli elementi anzidetti, risulta, in tali casi, viziato ab origine.
L’accesso e la funzione del concordato semplificato, infatti, sono strettamente collegati alla composizione negoziata, pertanto tale strumento è delineato come uno sbocco liquidatorio di tipo residuale, esperibile soltanto qualora l’iniziativa della composizione sia stata intrapresa in presenza di plausibili prospettive di risanamento, successivamente rivelatesi irrealizzabili.
L’assenza di queste prospettive, sin dal momento di accesso alla composizione negoziata, rende impraticabile il successivo ricorso al concordato semplificato.
L’utilizzo distorto di tale strumento, in quanto finalizzato a eludere la liquidazione giudiziale e a schermare condotte distrattive – che, nella specie, erano già state oggetto di indagine penale – snatura la funzione propria dell’istituto, ossia di consentire una liquidazione ordinata e trasparente in assenza di alternative praticabili. Il ricorso a tale strumento concorsuale non può tradursi in una strategia di protezione da responsabilità, né in un mezzo per consolidare gli effetti delle operazioni patologiche.
In presenza di un disegno preordinato alla frode, precisano i giudici, l’intervento giudiziale sarà rivolto ad arrestare l’abuso dello strumento, stante la sua funzione di tutela della massa creditoria.
Il debitore, in sede di regolazione della crisi, inoltre, è tenuto a rappresentare la propria situazione in modo completo e veritiero, evitando condotte reticenti o fuorvianti che possano compromettere l’affidamento dei creditori e la trasparenza della procedura.
In particolare, nella specie, la mancata rappresentazione da parte del debitore della frode perpetrata ai danni degli istituti bancari finanziatori, per la mancanza restituzione del finanziamento concesso, integravano un comportamento contrario agli obblighi di collaborazione leale e di informazione veritiera imposti al debitore nelle procedure di regolazione della crisi, con conseguente violazione dei presupposti di legittimità del concordato semplificato di cui all’art. 25-sexies del DLgs. 14/2019.
Tale condotta ha determinato, pertanto, un vizio sostanziale del procedimento che ne ha impedito l’omologazione.
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