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L’ANC critica la stretta sulle compensazioni

/ REDAZIONE

Venerdì, 7 novembre 2025

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“Un intervento normativo che, pur essendo pienamente condivisibile nel suo intento di contrasto alle frodi, ancora una volta colpirà indistintamente i crediti d’imposta legittimi, penalizzando imprese e professionisti corretti”. Con queste parole, contenute in una nota stampa diffusa ieri, l’Associazione nazionale commercialisti critica la disposizione di cui all’art. 26 del Ddl. di bilancio 2026, che introduce il divieto, a partire dal 1° luglio 2026, di compensazione dei crediti agevolativi con i debiti relativi a contributi previdenziali e premi assicurativi.

La finalità della norma è arginare il fenomeno delle indebite compensazioni di crediti inesistenti, in un contesto in cui l’attività antifrode portata avanti dall’Agenzia delle Entrate ha portato a scartare crediti per 561 milioni nei primi 9 mesi del 2025, a cui si aggiungono circa 3 miliardi di euro per i quali non sono ancora stati effettuati tentativi di compensazione. Entro fine anno si stimano crediti scartati pari a 748 milioni di euro, di cui il 60% derivanti da crediti agevolativi (448,8 milioni), il restante 40 riferibile ai crediti derivanti dalla liquidazione dei tributi. Considerando che circa il 20% dei versamenti contributivi passa dagli F24, si presumono effetti positivi per 44,9 milioni nel 2026 e 89,8 in ciascuno dei due anni successivi.

Il problema, spiega l’ANC, è che la misura “rischia di produrre un effetto devastante per le imprese, causando maggiore incertezza e difficoltà nella programmazione e gestione del futuro imprenditoriale”. La norma, infatti, impatterebbe su crediti d’imposta quali investimenti Industria 4.0, Transizione 4.0 o Ricerca e sviluppo, “vanificando questi interventi a sostegno dell’economia del Paese”.

“La compensazione – ha spiegato il Presidente Marco Cuchel – è uno strumento fisiologico di equilibrio finanziario, non un privilegio. Trasformarla in un sospetto generalizzato significa creare un sistema che punisce chi rispetta le regole e svuota di significato la fiducia tra contribuente e Stato”.

Per questo l’associazione chiede una revisione del testo, in modo da “salvaguardare i crediti d’imposta maturati in buona fede e tutelare il diritto dei contribuenti ad un sistema di compensazione trasparente, sicuro e funzionale”.

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