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FISCO

Per i dividendi si fa strada l’ipotesi della soglia al 5%

Un intervento di coordinamento con la participation exemption introdurrebbe però lo stesso requisito per le plusvalenze

/ Gianluca ODETTO

Giovedì, 20 novembre 2025

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Iniziano a prendere forma, con il deposito presso la Commissione Bilancio del Senato degli emendamenti al Ddl. di bilancio 2026, le possibili modifiche all’art. 18 del disegno di legge, riferito ai dividendi. Tale norma andrebbe ad assoggettare a imposizione integrale i dividendi intersocietari rivenienti da partecipazioni di entità inferiore al 10%, lasciando però salvi gli attuali regimi impositivi delle persone fisiche.

Alcuni di questi emendamenti sono finalizzati a cancellare del tutto la disposizione (stando a indiscrezioni, la Lega avrebbe segnalato tale proposta di modifica come prioritaria), con il che verrebbe mantenuto l’attuale regime di esclusione dal reddito nella misura del 95% (si fa riferimento, in questa sede, alle società di capitali) quale che sia l’entità della partecipazione detenuta. Il gettito previsto (circa un miliardo di euro all’anno) verrebbe recuperato con riduzioni delle spese o con un ulteriore inasprimento del prelievo IRAP sulle banche e sulle assicurazioni.

Altre proposte emendative – e in particolare l’emendamento n. 18.6 – sono più articolate e vanno nel senso di mediare esigenze di gettito e coerenza del sistema (con un accento sulle seconde). Verrebbe infatti salvaguardato l’attuale regime se la partecipazione dalla quale si originano i dividendi è almeno pari al 5% (e non più al 10% come nel Ddl. originario: questa modifica sarebbe stata segnalata da Fratelli d’Italia come emendamento prioritario) o, in via alternativa, se il valore fiscale di tale partecipazione è almeno pari a 2,5 milioni di euro.

A questa possibile modifica se ne affiancherebbe una di rilevanza assoluta, tesa a riformare il regime della participation exemption (art. 87 del TUIR) vincolando l’esenzione delle plusvalenze realizzate al rispetto dei medesimi requisiti previsti per i dividendi.
Il regime italiano, rimasto sostanzialmente immutato dal 2004, verrebbe così riformato con la previsione di un requisito legato all’entità della partecipazione, così come avviene in talune giurisdizioni europee, il quale si aggiungerebbe a quelli soggettivi (periodo di possesso e iscrizione tra le immobilizzazioni della partecipazione) e oggettivi (residenza fiscale ed esercizio di imprese commerciali da parte della partecipata), che varrebbero solo per le plusvalenze.

Sarebbe inoltre modificata la disciplina delle ritenute in uscita sui dividendi pagati a società Ue/See, attualmente contenuta nell’art. 27 comma 3-ter del DPR 600/73 ma che confluirà dal 1° gennaio 2026 nell’art. 55 comma 5 del DLgs. 33/2025 (Testo unico in materia di versamenti e riscossione o TUVR), vincolando il beneficio del prelievo ridotto dell’1,20% al medesimo requisito legato all’entità della partecipazione previsto per i dividendi interni (per gli strumenti finanziari che non sottendono una partecipazione al capitale il beneficio rimarrebbe vincolato alle attuali condizioni).

Se la proposta emendativa sopra descritta non contempla un trattamento differenziato per le partecipazioni in società quotate, altre invece tendono a fare salva questa casistica. Gli emendamenti 18.8, 18.9 e 18.10, ad esempio, prevedono che i dividendi rivenienti da queste società mantengano l’esclusione del 95% quale che sia l’entità della partecipazione (come già avviene oggi), ma a condizione (e ciò rappresenterebbe una novità) che la partecipazione detenuta abbia i requisiti per la participation exemption di cui all’art. 87 comma 1 del TUIR (altre proposte, numerate 18.11 e 18.18, andrebbero invece nel senso di escludere tout court le partecipazioni in società quotate).

Ulteriori emendamenti vanno sempre nel senso di circoscrivere la casistica in cui i dividendi risulteranno integralmente imponibili, anche se in base a parametri differenti.

Alcune proposte (emendamenti 18.13, 18.4 e 18.15) sono finalizzate a mantenere l’attuale regime per le piccole e medie imprese, come definite dalla Raccomandazione 2003/361/Ce (non è però chiaro dal testo depositato se in veste di percipienti – come pare – o in veste di eroganti). La platea sarebbe realisticamente ampia, posti i parametri del fatturato (50 milioni di euro) e dei dipendenti (250 unità).

L’emendamento 18.16, per contro, introdurrebbe un requisito legato al periodo di possesso, prevedendo che l’imposizione integrale degli utili percepiti non si applichi qualora la partecipazione sia detenuta con carattere continuativo almeno per un periodo non inferiore a due esercizi antecedenti alle distribuzioni dell’utile di esercizio o delle riserve.

Possibili agevolazioni per le società pubbliche

Vi sono, da ultimo, emendamenti tesi a escludere l’imponibilità integrale dei dividendi percepiti su base settoriale, e in particolare se le azioni sono possedute dalle società ed enti il cui capitale è interamente detenuto da Comuni, Unioni di comuni, consorzi tra enti locali, comunità montane, Città metropolitane, Province e Regioni.

Si apre ora la fase “calda” della selezione degli emendamenti da discutere, necessaria per comprendere se queste proposte potranno essere accolte e, in caso affermativo, quali di esse possano confluire nel testo definitivo.

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