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FISCO

Fiscalità dei dividendi da ripensare

L’AIDC esprime perplessità sulla norma del Ddl. di bilancio che introdurrebbe piena imponibilità se la partecipazione detenuta è inferiore al 10%

/ REDAZIONE

Venerdì, 21 novembre 2025

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Tra le disposizioni contenute nel Ddl. di bilancio 2026, una misura molto discussa riguarda la disciplina dei dividendi: si ricorda che l’art. 18, sul quale sono stati presentati diversi emendamenti, andrebbe ad assoggettare a imposizione integrale i dividendi intersocietari rivenienti da partecipazioni di entità inferiore al 10%, lasciando però salvi gli attuali regimi impositivi delle persone fisiche (si veda, da ultimo, “Per i dividendi si fa strada l’ipotesi della soglia al 5%” del 20 novembre).

In attesa dei prossimi passaggi parlamentari della legge di bilancio e delle possibili modifiche al testo, ieri l’AIDC ha evidenziato in un comunicato stampa le criticità della misura e proposto una possibile soluzione, soffermandosi sull’esclusione dalla dividend exemption delle società partecipanti che detengono nella società che distribuisce il dividendo una partecipazione inferiore al 10% del capitale sociale.
Per effetto di questa modifica – si legge nel comunicato – per tali soggetti, i dividendi percepiti sulla base di delibere assunte dal 1° gennaio 2026 costituirebbero per intero componente positivo del reddito d’esercizio, finendo così per essere sottoposti a imposizione IRES integrale con aliquota del 24%.

Secondo l’associazione, la norma attuale risponde a criteri di equità e ragionevolezza, ossia evitare una doppia imposizione del medesimo reddito, e quindi non rappresenta un’agevolazione, ma una previsione di sistema che, se eliminata, produrrebbe conseguenze distorsive.
Inoltre, le prospettate modifiche della soglia di partecipazioni oltre la quale la norma non troverebbe applicazione non risolverebbe in sé il problema di fondo. Per l’AIDC l’introduzione di una soglia percentuale fissa non riflette la struttura produttiva e di investimento dell’Italia, composta in buona parte di partecipazioni detenute da investitori non istituzionali. L’applicazione della tassazione integrale ai dividendi riferiti a tali posizioni potrebbe dunque produrre effetti più estesi del previsto, incidendo sulle scelte di pianificazione finanziaria e sulla gestione della liquidità.

L’Associazione suggerisce, come possibile alternativa alla soglia quantitativa, di valutare l’introduzione di un criterio basato sulla durata del possesso delle partecipazioni. Un holding period minimo, calibrato in modo specifico, consentirebbe di distinguere gli investimenti stabili dalle operazioni di minore durata, mantenendo una cornice più coerente con l’impianto generale del sistema tributario.

“Ci auguriamo che nel percorso parlamentare si possa intervenire su una norma che, nella formulazione attuale, presenta diversi profili critici”, osserva il Presidente Edoardo Ginevra, secondo il quale la misura “andrebbe a incidere significativamente sul sistema della tassazione dei dividendi, penalizzando la capacità delle nostre imprese di attrarre investimenti”.

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