Prestazione universale anche se il titolare del contratto di lavoro domestico non è il beneficiario
Con il messaggio n. 3514/2025, l’INPS ha fornito alcuni chiarimenti in materia di prestazione universale, la misura introdotta in via sperimentale dall’art. 34 del DLgs. 29/2024 per il periodo dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2026.
Nel dettaglio, l’Istituto previdenziale ha ricordato come la quota integrativa della prestazione universale (art. 36 comma 2 lett. b) del DLgs. 29/2024), definita “assegno di assistenza”, sia finalizzata a remunerare il costo del lavoro prestato da lavoratori domestici con mansioni di assistenza alla persona, titolari di un rapporto di lavoro conforme ai CCNL di settore ex art. 51 del DLgs. 81/2015, ovvero l’acquisto di servizi destinati al lavoro di cura e assistenza e forniti da imprese qualificate nel settore dell’assistenza sociale non residenziale.
Ciò premesso, l’INPS ha chiarito che, con riferimento alla titolarità del rapporto di lavoro instaurato con il lavoratore domestico, la prestazione può essere riconosciuta anche nell’ipotesi di un contratto di lavoro stipulato da una persona diversa dal fruitore della prestazione (quindi, un familiare, l’amministratore di sostegno, un curatore o un tutore, e così via) se, dopo l’istruttoria svolta dalla Struttura territoriale dell’Istituto, risulta che l’assunzione come badante o come lavoratore domestico è finalizzata all’assistenza del beneficiario. È necessario, a tal fine, che, sia nel contratto di lavoro, sia nelle buste paga quietanzate, l’indirizzo di svolgimento dell’attività coincida con quello del domicilio del destinatario della prestazione universale e le mansioni del lavoratore siano di assistenza al titolare della prestazione.
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