Confermata la legittimità costituzionale del contributo contro il caro bollette
Respinte le censure sul divieto di deduzione IRES e sull’assenza di un tetto massimo
Con la sentenza n. 180 del 2 dicembre 2025, la Corte Costituzionale ha esaminato talune questioni di legittimità dell’art. 37 del DL 21/2022 sollevate, rispettivamente, dalla C.G.T. di Cagliari, in riferimento agli artt. 3, 23 e 53 Cost. e dalla C.G.T. di Roma in riferimento agli artt. 3, 42, 53 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale CEDU.
La C.G.T. di Cagliari ha sottoposto a scrutinio costituzionale il divieto di deduzione del contributo dall’IRES, previsto dal comma 7 dell’art. 37, che, a detta del giudice a quo, accentua gli effetti distorsivi del contributo (già riconosciuto eccezionale e intrinsecamente imperfetto dalla sentenza n. 111/2024 della Consulta), poiché impedisce di trattare il contributo come un ordinario costo inerente all’attività, comportando una violazione del principio di capacità contributiva e di ragionevolezza.
Rispetto a tali questioni, la sentenza ha dapprima riconosciuto che il contributo straordinario costituisce un costo inerente estraneo alle imposte indeducibili di cui all’art. 99 del TUIR, ricordando altresì il principio, ricavato dalla sentenza n. 262/2020, secondo cui la coerenza dell’IRES – il cui presupposto è il possesso del reddito complessivo netto – normalmente impedisce al legislatore di rendere indeducibile un costo fiscale inerente. Tuttavia, detto principio non ha carattere assoluto, dovendosi riconoscere deroghe giustificate da specifiche esigenze di tutela dell’interesse fiscale.
Al riguardo, la Corte Costituzionale rammenta la natura del tutto eccezionale del contributo, introdotto in un anno segnato dalla crisi energetica e dagli effetti dell’invasione russa dell’Ucraina, con profitti anomali generati da fattori esterni e interventi urgenti da finanziare per contenere l’impatto dei prezzi su imprese e consumatori. In tale quadro, il contributo ha colpito una forma particolare di capacità contributiva, legata a incrementi di proventi determinati da circostanze straordinarie e non da scelte imprenditoriali. La mancata deducibilità è stata quindi considerata coerente con la natura eccezionale del prelievo e proporzionata rispetto alle finalità solidaristiche perseguite.
In altri termini, alla luce della assoluta straordinarietà del contesto economico in cui il contributo si colloca, il divieto di deduzione non viola né il principio di capacità contributiva né quello di ragionevolezza.
La C.G.T. di Roma ha invece, in primo luogo, censurato l’assenza di un tetto massimo del contributo per violazione del principio di proporzionalità e del diritto di proprietà. In particolare, nel caso oggetto di scrutinio l’impatto del contributo avrebbe eroso tutto il patrimonio netto, il risultato operativo e l’utile ante imposte 2021 e 2022, con un tax rate complessivo del 142%, generando un effetto “confiscatorio-espropriativo”.
I giudici di merito hanno poi evidenziato, rispetto ai profili temporali, che il contributo si calcola su dati precedenti alla sua introduzione, risultando retroattivo e lesivo dell’affidamento dei contribuenti. Infine, è stata censurata una violazione del principio di uguaglianza nella tecnica di calcolo, che per alcuni operatori prevede il confronto tra periodi non omogenei (come quando l’attività è iniziata in corso d’anno), producendo incrementi meramente contabili e non effettivi.
La Consulta ha ritenuto infondata la censura della C.G.T. di Roma sul carattere confiscatorio-espropriativo del contributo, pur riconoscendo che il caso prospettato mostra effetti estremi, osservando che l’assenza di un tetto massimo – successivamente introdotto nel contributo di solidarietà temporaneo per il 2023 – non sia idoneo a determinare l’illegittimità della misura, in considerazione del contesto straordinario e sui generis in cui è stata introdotta, che giustificava un’imposizione atipica e difficilmente modulabile, nonché in ragione delle “difficoltà di calibrarne le conseguenze in termini di gettito”.
La sentenza ha altresì escluso il contrasto con l’art. 117 Cost., in relazione all’art. 1 Prot. addizionale CEDU, ricordando che la giurisprudenza CEDU attribuisce agli Stati un ampio margine in materia tributaria e, a tal proposito, ribadendo che il caso concreto derivava da particolari congiunture aziendali su cui si era innestato un meccanismo impositivo eccezionale, giustificato dalla situazione emergenziale.
La Corte Costituzionale ha poi respinto la censura di retroattività, affermando che il contributo colpisce una manifestazione di ricchezza attuale, maturata nel 2022, e che il richiamo a grandezze pregresse costituisce esclusivamente un elemento tecnico di calcolo.
Infine, con riferimento alle società che hanno avviato l’attività durante il periodo 1° ottobre 2020 – 30 aprile 2021, la Consulta ha correttamente puntualizzato che i due intervalli di riferimento per il calcolo del contributo devono essere omogenei e la loro riduzione deve essere proporzionale. Tuttavia, è stato escluso che l’inizio del primo periodo potesse essere ancorato alla sola emissione delle fatture attive, sottolineando che già le operazioni passive segnano l’ingresso nel sistema IVA. Ne deriva che, per i soggetti neo-costituiti, il primo periodo deve decorrere dalle prime operazioni passive finalizzate all’attività e che anche il secondo periodo deve essere ridotto in misura corrispondente.
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