Disciplina Ue sulle clausole abusive applicabile al contratto tra un professionista e un aspirante atleta
La Corte di Giustizia Ue, con la sentenza del 20 marzo 2025, resa nella causa C-365/23, ha affermato che rientra nel campo di applicazione della Direttiva (Ue) 93/13, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, un contratto di servizi di supporto allo sviluppo e alla carriera di un atleta, concluso tra un professionista che esercita tale attività e un minore (rappresentato dai suoi genitori), il quale, al momento del perfezionamento del negozio, non era ancora impiegato nel settore dello sport e, pertanto, aveva la qualità di consumatore.
Da quanto sopra discende la possibilità di vagliare proprio alla luce della citata direttiva il carattere potenzialmente abusivo della clausola (ricorrente nella concreta fattispecie che ha dato origine al rinvio) avente a oggetto l’impegno del minore a corrispondere al professionista il 10% dei redditi derivanti dall’esercizio dell’attività sportiva nei 15 anni successivi alla conclusione del contratto.
In forza dell’art. 3 della Direttiva (Ue) 93/13, il giudice nazionale potrà dichiarare il carattere abusivo di una simile clausola solo qualora essa non risulti formulata in modo chiaro e comprensibile, con l’avvertenza che la sussistenza di tali requisiti deve ritenersi esclusa, ai sensi del successivo art. 5, laddove prima della conclusione del contratto non siano state comunicate al consumatore tutte le informazioni necessarie per consentirgli di valutare le conseguenze economiche del suo impegno.
Il vaglio di abusività della clausola contrattuale deve, inoltre, tenere conto della circostanza che il consumatore fosse minorenne al momento della conclusione del contratto e che quest’ultimo sia stato concluso dai genitori a suo nome.
I giudici comunitari hanno, peraltro, stabilito che qualora il giudice nazionale, alla stregua dei dati normativi di cui sopra, abbia constatato il carattere abusivo della clausola inserita nel contratto tra il professionista e il consumatore non potrà ridurre l’importo dovuto dal consumatore fino a concorrenza delle spese effettivamente sostenute dal prestatore di servizi nell’ambito dell’esecuzione di tale contratto, a ciò ostando il disposto dell’art. 6 § 1 della Direttiva (Ue) 93/13.
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