Rimborsi IVA estesi ai beni di terzi non ammortizzabili
Con la risoluzione n. 20 di ieri, l’Agenzia delle Entrate ha rinnovato la definizione di “beni ammortizzabili”, valevole ai fini dell’accesso ai rimborsi IVA, a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 13162/2024).
Con riferimento al rimborso dell’IVA assolta da un soggetto passivo per interventi su beni di terzi di cui abbia il possesso, l’Agenzia ha precisato che la nozione di “beni ammortizzabili”, contemplata dall’art. 30 comma 2 lett. c) del DPR 633/72, deve essere estesa ai beni che, “pur stricto sensu non ammortizzabili, sono comunque destinati all’esercizio dell’impresa per un periodo di tempo medio-lungo, appunto quali investimenti (beni strumentali)”.
In conseguenza della recente pronuncia delle Sezioni Unite e del nuovo documento di prassi, viene specificato che le indicazioni della risoluzione n. 179/2005 (§ 3) non sono più considerate attuali, con la conseguenza che “l’esercente attività d’impresa o di lavoro autonomo ha diritto, al ricorrere di tutti gli altri requisiti richiesti dalla normativa, al rimborso dell’IVA per i lavori di miglioramento, trasformazione o ampliamento dei beni dei quali ha disponibilità in virtù di un titolo giuridico che ne garantisca il possesso ovvero la detenzione per un periodo di tempo apprezzabilmente lungo”.
Il diritto al rimborso spetta, naturalmente, al ricorrere dei presupposti generali di detraibilità dell’IVA ex art. 19 comma 1 del DPR 633/72, come la strumentalità del bene all’esercizio dell’attività “per un periodo di tempo medio-lungo”, in qualità di investimenti che richiedono quindi “un impiego di risorse finanziarie non contabilizzabile come costo di un singolo esercizio”.
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