Illegittimo l’avviso di accertamento nei confronti dell’accollante
L’accollo del debito di imposta non è opponibile all’ente impositore
La recente sentenza della Cassazione n. 14615/2025, intervenuta in tema di accollo del debito d’imposta, affronta nuovamente una questione di rilevante interesse pratico: se e in quale misura l’Amministrazione finanziaria possa esercitare i propri poteri impositivi nei confronti di chi, mediante atto negoziale, si impegni a versare un tributo dovuto da un terzo.
Rifacendosi alla giurisprudenza delle Sezioni Unite (Cass. n. 28162/2008) e a un orientamento successivamente ribadito, la Suprema Corte evidenzia che l’efficacia dell’accollo resta confinata al piano privatistico, senza effetti nei confronti dell’Amministrazione. Il debito d’imposta, infatti, continua a far capo esclusivamente al contribuente individuato per legge, e solo nei suoi confronti possono essere esercitati i poteri impositivi ed esattivi.
L’art. 8 comma 2 della legge n. 212/2000 (Statuto del contribuente) consente l’accollo del debito d’imposta, ma precisa che ciò non libera il contribuente originario dall’obbligo. Poiché l’obbligazione tributaria deriva direttamente dalla legge, solo questa individua il soggetto responsabile del pagamento, escludendo che accordi privati possano sostituirlo o esonerarlo. L’accollante si obbliga quindi nei confronti dell’accollato, ma non instaura alcun rapporto con il fisco, configurandosi come coobbligato contrattuale senza un coinvolgimento diretto nel procedimento tributario.
Fondamentale è il principio costituzionale di cui all’art. 53, secondo cui l’imposizione fiscale deve basarsi sulla capacità contributiva del soggetto individuato dalla legge. Il semplice pagamento da parte di un terzo non è sufficiente: il sacrificio economico deve gravare su chi è formalmente titolare di tale capacità. Per questo motivo, un atto impositivo rivolto all’accollante è annullabile per difetto di legittimazione passiva, violando sia il principio di legalità (art. 23 Cost.) sia quello di capacità contributiva. L’impegno dell’accollante può essere fatto valere solo in sede civile, nell’ambito del rapporto contrattuale tra le parti.
I giudici di legittimità precisano, inoltre, che le controversie relative alla validità ed efficacia dell’accollo rientrano nell’ambito contrattuale e sono di giurisdizione del giudice civile, poiché non sono in discussione né il rapporto tra Fisco e contribuente, né il potere impositivo o i suoi presupposti soggettivi, ossia l’individuazione del soggetto passivo d’imposta.
Questa decisione si inserisce in un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (cfr. Cass. nn. 35094/2023, 9353/2024), che distingue nettamente tra l’obbligazione tributaria, fondata sulla legge, e l’assunzione volontaria di debiti da parte di terzi. Solo la prima legittima l’azione dell’Amministrazione in sede accertativa. Ne consegue, come nel caso in esame, l’illegittimità dell’avviso di accertamento per mancanza di potere impositivo nei confronti dell’accollante.
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