Con mutamento strutturale, per la qualifica di PMI vale solo il momento della verifica
Secondo il Caso Assonime n. 8/2025, se le modifiche sono definitive, non rilevano le condizioni pregresse
Ai fini della qualificazione di una società come PMI, in caso di mutamento delle dimensioni aziendali che assume carattere definitivo e non temporaneo, occorre valutare la dimensione aziendale per come si presenta solo al momento della verifica, senza che rilevino le condizioni pregresse.
È quanto chiarito dal Caso Assonime n. 8/2025, pubblicato ieri, che affronta i dubbi emersi circa l’applicazione, nel nostro ordinamento, dei criteri generali dettati dalla Raccomandazione n. 2003/361/Ce, in base ai quali un’impresa può definirsi micro, piccola o media.
Si ricorda che l’art. 2 dell’Allegato della Raccomandazione in questione definisce un’impresa:
- micro, se occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro;
- piccola, se occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro;
- media, se occupa meno di 250 persone e realizza un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro o con un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro.
Ciò, peraltro, considerando ai fini del calcolo anche eventuali rapporti con altre imprese. Il che significa, ad esempio, che, in caso di collegamento con altra impresa, occorre computare anche i dati della collegata.
Con riguardo, poi, al periodo di riferimento da prendere in considerazione per calcolare le dimensioni aziendali, l’art. 4 par. 2 dell’Allegato alla Raccomandazione precisa che i dati impiegati ai fini della valutazione sono quelli, calcolati su base annua, riguardanti l’ultimo esercizio contabile chiuso, e che se, alla successiva data di chiusura dei conti, una società constata di aver superato, nell’uno o nell’altro senso e su base annua, le soglie finanziarie o degli effettivi, essa perde o acquisisce la qualifica di media, piccola o microimpresa, “solo se ciò avviene per due esercizi consecutivi”.
È proprio il riferimento agli ultimi “due esercizi consecutivi” che ha creato dubbi applicativi; a titolo esemplificativo, nell’ipotesi di uscita di una società da un gruppo di imprese, e del successivo raggiungimento, da parte della stessa, di una condizione di autonomia, ci si chiede se, ai fini della qualifica di PMI, occorra considerare i dati relativi agli ultimi due esercizi consecutivi – in cui la società era ancora parte del gruppo – o quelli posseduti al momento della verifica, dai quali non risultano più collegamenti con le altre imprese del gruppo.
Sul punto, Assonime riprende, tra l’altro, quanto affermato dalla Commissione europea nel 2020 (con la pubblicazione della “Guida dell’utente per la definizione di PMI”), che spiega che la ratio del citato art. 4 par. 2 è quella di garantire che le imprese che registrano una crescita non vengano penalizzate con la perdita della condizione di PMI, a meno che non superino le soglie pertinenti per un periodo continuativo. In linea con questa impostazione, quindi, l’art. 4 par. 2 non si applica in situazioni in cui il mutamento delle dimensioni aziendali abbia carattere strutturale; in tali casi, quindi, la situazione dell’impresa deve essere valutata al momento in cui si verifica la sua dimensione, a nulla rilevando le condizioni pregresse. Secondo Assonime, tale indicazione, seppure enunciata per le variazioni strutturali che comportino un aumento della dimensione, assume carattere generale e può dunque essere applicata anche al caso in cui l’operazione determini una diminuzione permanente della dimensione.
In altre parole, le operazioni dalle quali derivi un mutamento delle dimensioni aziendali che assume carattere definitivo e non temporaneo impongono di valutare la dimensione aziendale stessa per come si presenti al momento in cui deve essere verificata senza applicare quanto disposto dall’art. 4 par. 2 dell’Allegato alla Raccomandazione, ossia senza che rilevino situazioni precedenti.
Si tratta di indicazioni che valgono anche per le imprese che intendano rientrare nella categoria della piccola impresa a media capitalizzazione, che è costituita, come definito dalla Raccomandazione 2025/1099/Ue, da “imprese che non sono piccole o medie ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE, che occupano meno di 750 persone, il cui fatturato annuo non supera i 150 milioni di EUR o il cui totale di bilancio annuo non supera gli 129 milioni di EUR” e per la quale trovano applicazione i principi relativi al periodo di riferimento che deve essere preso in considerazione, al fine di valutare la dimensione della società, già previsti dalla Raccomandazione 2003/361.
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