Rimborsi chilometrici imponibili per il professionista
Per l’esclusione del rimborso dal reddito le spese devono essere state effettivamente sostenute dal professionista per lo svolgimento dell’incarico
Con la risposta n. 270 di ieri, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti sul nuovo regime dei rimborsi spese di artisti e professionisti applicabile dal 2025, che avrà il primo impatto sul modello REDDITI 2026.
In particolare, è stata delineata la nozione di spese addebitate “analiticamente in capo al committente”, il cui rimborso è escluso dalla formazione del reddito di lavoro autonomo ex art. 54 comma 2 lett. b) del TUIR (inserito dall’art. 5 comma 1 lett. b) del DLgs. 192/2024).
In base a tale disposizione, infatti, non concorrono alla formazione del reddito imponibile i rimborsi delle spese sostenute dall’esercente arte o professione per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente. Si tratta, ad esempio, dei rimborsi per spese di viaggio, vitto e alloggio e per altre spese sostenute dal professionista per svolgere la propria attività (circ. Agenzia Entrate n. 58/2001, § 2.2). In tale categoria rientrano, in pratica, tutti i rimborsi con caratteristiche diverse da quelli afferenti alle spese anticipate in nome e per conto del cliente.
Allo stesso tempo, tali spese non sono deducibili dal reddito di lavoro autonomo del soggetto che le sostiene (art. 54-ter comma 1 del TUIR), fatti salvi i casi di insolvenza del committente disciplinati dall’art. 54-ter commi 2-5 del TUIR.
In deroga a tale regola generale, ai sensi dell’art. 54 comma 2-bis del TUIR (inserito dall’art. 1 comma 1 lett. c) n. 1) del DL 84/2025), le somme percepite a titolo di rimborso delle spese, sostenute nel territorio dello Stato, relative a vitto, alloggio, viaggio e trasporto mediante autoservizi pubblici non di linea di cui all’art. 1 della L. 21/92 (in pratica, taxi o noleggio con conducente) concorrono alla formazione del reddito se i pagamenti non sono eseguiti con versamento bancario o postale o mediante i sistemi previsti dall’art. 23 del DLgs. 241/97 (es. carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari, satispay o altra app per smartphone collegata a un IBAN).
Ugualmente, nei casi disciplinati dall’art. 54-ter commi 2-5 del TUIR, le spese, sostenute nel territorio dello Stato, relative a vitto, alloggio, viaggio e trasporto mediante taxi o ncc, sono deducibili a condizione che i pagamenti siano stati eseguiti con versamento bancario o postale o i suddetti sistemi previsti dall’art. 23 del DLgs. 241/97 (art. 54-ter comma 5-bis del TUIR, inserito dall’art. 1 comma 1 lett. d) del DL 84/2025).
Entrambe le disposizioni (irrilevanza dei rimborsi spese e obbligo di tracciabilità dei pagamenti) si applicano, come anticipato, dal periodo d’imposta 2025 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare (art. 6 comma 1 del DLgs. 192/2024).
Tanto premesso, il nuovo testo normativo non definisce la nozione di rimborso delle spese “addebitate analiticamente in capo al committente” ed è proprio su questo punto che si innestano le attese precisazioni dell’Amministrazione finanziaria.
Nel caso oggetto di interpello, i rimborsi chilometrici sono stati:
- concordati preventivamente con il committente;
- calcolati sulla base di parametri oggettivi, documentabili mediante il prospetto riepilogativo delle attività svolte;
- commisurati ai chilometri effettivamente percorsi e alla tariffa pattuita.
Ad avviso dell’Agenzia, l’analiticità dell’addebito, atta a escludere il rimborso dall’imponibile, sussiste se le spese sono, nel contempo:
- effettivamente sostenute dal professionista in relazione allo svolgimento dell’incarico professionale;
- indicate in fattura in modo separato rispetto ai compensi spettanti.
Quanto agli oneri probatori, le spese riaddebitate devono essere comprovate da idonea documentazione da cui si evinca puntualmente la tipologia di spesa sostenuta e l’esatta riferibilità all’attività professionale, così da consentire un controllo di coerenza e correttezza.
Tale verifica implica un accertamento di fatto non esperibile in sede di interpello, al fine di evitare che il rimborso possa eccedere il costo effettivamente sostenuto e quindi rappresentare per il professionista una “forma” di compenso.
Tale impostazione è in linea con la finalità delle citate disposizioni tese, tra l’altro, a eliminare la previgente “criticità derivante dall’assoggettamento a ritenuta di somme che, seppure incassate dall’esercente arte o professione, non comportano un incremento del suo reddito imponibile” (si veda la relazione illustrativa al DLgs. 192/2024).
Nel caso di specie, attese le relative modalità di determinazione e documentazione, il rimborso chilometrico, nonostante la sua indicazione separata in fattura, non rappresenta un rimborso di spese “addebitate analiticamente” nel senso sopra prospettato e, pertanto, concorre alla formazione del reddito di lavoro autonomo, ferma restando la deducibilità delle spese sostenute dall’esercente arte o professione per l’esecuzione dell’incarico.
Ove il committente sia un sostituto d’imposta, tale rimborso, concorrendo alla formazione del reddito professionale, dovrà essere assoggettato alla ritenuta d’acconto prevista dall’art. 25 comma 1 del DPR 600/73.
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