Quadro più definito per i diritti di immagine
Compenso qualificabile quale reddito di lavoro autonomo quando l’attività di sfruttamento dell’immagine avviene con abitualità e professionalità
Il DLgs. n. 192 del 13 dicembre 2024 ha eliminato la disposizione contenuta nel previgente comma 1-quater dell’art. 54 del TUIR. La modifica non sarà sfuggita a tutti coloro che si occupano di tematiche fiscali riguardanti il mondo dello sport e dell’entertainment e, in particolare, dei temi correlati concernenti la fiscalità delle sponsorships e dei diritti di immagine.
L’articolo citato, infatti, nel prevedere il concorso alla formazione del reddito da lavoro autonomo dei corrispettivi “percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all’attività artistica o professionale” ha costituito per molti anni (e almeno fino al 2023) “lo spartiacque” di due distinti orientamenti in materia di qualificazione reddituale dei diritti di immagine.
Secondo un primo orientamento, la disposizione in commento, essendo collocata nell’ambito delle norme di determinazione del reddito, non avrebbe permesso al percettore dei redditi da immagine di poterli qualificare quali redditi di lavoro autonomo salva l’ipotesi in cui, a monte, vi fosse stata un’attività tradizionalmente “capace” di produrre redditi di lavoro autonomo ex art. 53 del TUIR a cui questi si sarebbero potuti sommare (cosi anche l’Agenzia delle Entrate: si vedano le risposte a interpello nn. 139 e 700 del 2021 e la più datata risoluzione n. 255/2009).
Secondo altra teoria, invece, la collocazione della disposizione di cui al comma 1-quater nell’art. 54 del TUIR si sarebbe dovuta considerare “un errore”, “una forzatura”, essendo la norma da doversi considerare, più che di natura quantificatoria, di natura qualificatoria e capace, quindi, da sola, di ricondurre i compensi da immagine nella categoria dei redditi di lavoro autonomo senza la necessità che a monte vi fosse un’attività di lavoro autonomo nei termini sopra esposti.
A prescindere dalla preferenza per la prima o la seconda teoria, con la sostituzione dell’art. 54 e l’eliminazione del comma 1-quater (ancorché trasfuso all’interno dell’attuale art. 17 del TUIR), nella nuova formulazione assistiamo oggi a una “ufficializzazione” del concetto secondo cui, da sola, l’attività di sfruttamento del diritto di immagine (in tutte le sue declinazioni) è in grado, in sé e per sé, al ricorrere delle condizioni imposte dall’art. 53 del TUIR, di generare redditi di lavoro autonomo.
L’intervento del legislatore si posiziona a valle di quanto nel 2023 è stato chiarito dalla C.G.T. II Piemonte, nell’ormai famosa sentenza n. 219/2/23 sul caso “Cristiano Ronaldo”. In quell’occasione i giudici di Torino, con un ragionamento assolutamente condivisibile ed estremamente pragmatico, hanno valorizzato due profili molto interessanti delle sponsorships.
Innanzitutto è stato escluso con forza che un compenso da immagine potesse qualificarsi quale reddito di lavoro autonomo ex art. 53 comma 2 lett. b) del TUIR (negata, quindi, l’equiparazione con i compensi da diritto d’autore e opere dell’ingegno). In secondo luogo – ed è qui, quantomeno a giudizio di chi scrive, la portata innovativa di quella sentenza – è stato enfatizzato il fatto che l’attività di sfruttamento dell’immagine nell’epoca moderna in cui viviamo, da sola, presenta tutte le caratteristiche per potersi qualificare quale attività capace, in sé e per sé, di produrre redditi di lavoro autonomo ex art. 53 del TUIR. Nessuna richiesta di collegamento, quindi, tra attività a monte e attività di sfruttamento dell’immagine.
Assistiamo, dunque, al cristallizzarsi di una situazione maggiormente chiara in tema di qualificazione reddituale dei compensi da immagine. La storica tripartizione qualificatoria non muta rispetto al passato (redditi di lavoro dipendente, redditi di lavoro autonomo, redditi diversi), ma sembrerebbe meno sfumata e più definita.
Un compenso da immagine potrà qualificarsi quale reddito di lavoro autonomo ogniqualvolta l’attività di sfruttamento dell’immagine della celebrity ovvero dello sportivo avvenga con i caratteri dell’abitualità e della professionalità.
In presenza di queste condizioni, il reddito percepito non potrà che qualificarsi quale reddito di lavoro autonomo ex art. 53 del TUIR. L’assenza di tali caratteri, invece, imporrà di qualificare i compensi in parola nella categoria residuale dei redditi diversi.
Diversa è l’ipotesi dei redditi da lavoro dipendente. In tale caso risulterà fondamentale, attraverso un approccio case by case, indagare le clausole del contratto sottoscritto dalla celebrity ovvero dallo sportivo al fine di comprendere come sia stato “negoziato” il diritto di sfruttamento dell’immagine.
Discorso a parte, invece, meriterebbe il tema recentemente affrontato dal Tribunale di Roma nella sentenza n. 2615/2024 sui compensi da link di collegamento e codici sconto su cui dovrebbe poter trovare applicazione la disciplina di cui all’art. 25-bis del DPR 600/1973.
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