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Giovedì, 11 dicembre 2025 - Aggiornato alle 6.00

PROFESSIONI

Nella STP numero di soci professionisti e partecipazione al capitale sociale alternativi

Deve però essere garantita ai soci professionisti la maggioranza dei due terzi nelle decisioni o nelle delibere della società

/ Monica VALINOTTI

Giovedì, 11 dicembre 2025

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La Camera ha approvato in via definitiva, nella seduta di ieri, il Ddl. concorrenza per l’anno 2025.
Di particolare rilievo si presenta la disposizione, contenuta nel comma 24 dell’art. 1, riguardante le società tra professionisti (STP) e, nello specifico, la composizione della compagine sociale.

Si modifica, infatti, il testo dell’art. 10 comma 4 lett. b) della L. 183/2011, prevedendo che, in ogni caso, nelle STP:
- il numero dei soci professionisti oppure, in alternativa, la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci, tenuto conto delle regole stabilite per il modello societario prescelto;
- a tal fine nessun rilievo hanno i patti sociali o parasociali che derogano alle regole predette.

Rispetto al testo ancora vigente, si chiarisce espressamente che, in presenza di soci “non professionisti”, il requisito del numero di soci professionisti e quello della misura della loro partecipazione al capitale sociale – che devono essere tali da far sì che essi possano esprimere comunque la maggioranza di due terzi nell’ambito delle deliberazioni o delle decisioni dei soci – possono ricorrere in via alternativa tra di loro.

La modifica normativa si propone di chiarire un aspetto che, nella formulazione del testo attuale, aveva suscitato diversi dubbi interpretativi.
A oggi, infatti, il secondo periodo dell’art. 10 comma 4 lett. b) della L. 183/2011 recita: “in ogni caso il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci”.
L’uso della congiunzione “e” tra il requisito numerico e quello relativo al capitale sociale aveva indotto alcuni a ritenere che tali requisiti fossero cumulativi e che, quindi, fosse qualificabile come STP solo una società che avesse, congiuntamente:
- un numero di soci professionisti pari a due terzi del totale e
- i due terzi dell’intero capitale sociale nella titolarità di soci professionisti.
Questa posizione interpretativa era stata sostenuta, inizialmente, anche dal CNDCEC (cfr. P.O. n. 319/2018 e la Nota informativa CNDCEC 5 novembre 2018 n. 85) e da una pronuncia di merito (cfr. Trib. Treviso 20 settembre 2018).

Un secondo filone interpretativo, invece, riteneva che la norma in questione si limitasse a richiedere che i soci professionisti avessero a disposizione un numero di voti almeno pari ai due terzi di quelli complessivi, di tal che la qualifica di STP avrebbe potuto essere riconosciuta anche nel caso in cui il numero dei soci professionisti fosse inferiore ai due terzi della compagine sociale o la loro partecipazione al capitale sociale fosse inferiore ai due terzi del medesimo, purché essi, anche per il tramite di clausole statutarie, potessero disporre della maggioranza dei due terzi dei voti (cfr. le massime del Comitato triveneto dei notai Q.A.10 e Q.A.19 e lo Studio del Consiglio nazionale del notariato n. 224-2014/I).
La ratio della norma, infatti, è quella di evitare che i soci “non professionisti” esercitino una influenza nelle scelte strategiche della società incidendo sullo svolgimento delle prestazioni professionali.

Sul tema era intervenuta anche l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che aveva evidenziato come fosse preferibile l’interpretazione che riteneva non cumulativi i due requisiti, onde consentire ai professionisti “di cogliere appieno le opportunità offerte dalla nuova normativa in materia di STP”.

Irrilevanti i patti sociali o parasociali in deroga

È lo stesso legislatore, ora, a prevedere che detti requisiti siano alternativi tra loro, ferma la necessità che i soci professionisti detengano almeno i due terzi dei voti esprimibili, con l’ulteriore precisazione che occorre tenere conto delle regole stabilite per il modello societario prescelto.

Il nuovo testo normativo sancisce, inoltre, l’“irrilevanza” di patti sociali o parasociali che deroghino a tali regole. La disposizione, però, non chiarisce quale conseguenza giuridica colpisca tali pattuizioni, limitandosi a stabilirne l’“irrilevanza”, senza precisare se esse debbano ritenersi tout court nulle.
A seguito delle modifiche intervenute, infine, sono fatte espressamente salve le disposizioni speciali previste negli ordinamenti di singole professioni.

La norma resta immutata per quanto riguarda le conseguenze del venir meno del requisito della maggioranza dei due terzi dei soci professionisti nelle decisioni o nelle delibere, che continua a costituire causa di scioglimento della società, con conseguente cancellazione della stessa dall’albo, a meno che la società non l’abbia ripristinata nel termine perentorio di sei mesi.

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