Rischio della «doppia» prima casa con il Testo unico sulle imposte indirette
Il DLgs. 123/2025 non cita il DPR 131/86 tra i suoi antecedenti
La fiscalità indiretta si appresta a una piccola rivoluzione con l’entrata in vigore, fissata al 1° gennaio 2026 (salvo rinvii), del DLgs. 123/2025. Tuttavia, l’intento di semplificazione del legislatore, per certi versi lodevole, rischia di generare un inaspettato vuoto normativo causato dalla trasposizione delle norme dal vecchio DPR 131/1986 al nuovo articolato.
Infatti, un’applicazione letterale della nuova Nota I all’art. 1 della Tariffa (Parte I, Allegato 1 al DLgs. 123/2025), che regolerà da gennaio 2026 gli acquisti “prima casa”, sembra paradossalmente legittimare la titolarità contemporanea di due immobili agevolati, senza che si attivi l’obbligo di alienazione dell’immobile pre-posseduto.
Il cuore della problematica è rappresentato da uno dei requisiti cardine per l’accesso a tali benefici: la condizione di “non prepossidenza”. La norma attuale (lett. c della Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86) impone al contribuente di dichiarare di non essere titolare di altra abitazione acquistata con le agevolazioni, vigenti e pregresse. Tale divieto è accompagnato da un elenco tassativo di leggi agevolative “precludenti” succedutesi nel tempo (L. 168/1982, L. 118/1985, ecc.), che si “chiude” con il rimando alle agevolazioni “di cui al presente articolo”, intendendosi con esso (appunto) la norma vigente.
Il nuovo testo del DLgs. 123/2025 ha mantenuto del tutto invariata la formulazione alla lettera c) della nuova Nota I. Anche la nuova norma richiede infatti che l’acquirente dichiari: “di non essere titolare [...] su altra casa di abitazione acquistata [...] con le agevolazioni di cui al presente articolo ovvero di cui [segue elenco delle vecchie leggi, ndr]”.
Il problema è allora evidente: da un lato l’espressione “di cui al presente articolo”, dal 1° gennaio 2026, si riferirà solo al nuovo articolo del DLgs. 123/2025; dall’altro l’elenco delle leggi precludenti continua a vedere elencate solo le leggi degli anni 80 e 90.
Da gennaio 2026 mancherà nell’elenco delle leggi “precludenti” proprio il richiamo alla norma che ha governato le compravendite dell’ultimo trentennio: la Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte I, del DPR 131/1986.
Di qui il rischio di vuoto normativo: un contribuente che abbia acquistato la propria abitazione principale, ad esempio, nel 2020 (nella vigenza del DPR 131/86) e intenda acquistarne una nuova nel gennaio 2026, potrebbe sottoscrivere una dichiarazione veritiera pur mantenendo la proprietà del vecchio immobile. Egli potrebbe infatti dichiarare:
- di non possedere case acquistate con le agevolazioni del nuovo Testo Unico (non avendone in effetti mai usufruito);
- di non possedere case acquistate con le vecchie leggi del 1982, 1985, ecc. (poiché il DPR 131/86 non figura in tale elenco).
In assenza di una preclusione normativa esplicita, verrebbe allora meno il presupposto giuridico per imporre l’impegno alla vendita dell’immobile pre-posseduto entro il biennio (cfr. il comma 4-bis della Nota II-bis).
La “doppia prima casa” diventerebbe tecnicamente lecita.
È prevedibile un’obiezione: l’intenzione del legislatore non era affatto quella di liberalizzare la doppia agevolazione. L’Amministrazione finanziaria invocherà certamente un’interpretazione estensiva della norma o la continuità normativa propria del Testo unico. Tuttavia, in materia di agevolazioni fiscali vige il principio di stretta legalità. Le norme che prevedono decadenze o condizioni ostative sono di stretta interpretazione e non suscettibili di analogia in malam partem.
Richiedere al contribuente di considerare il proprio acquisto del 2020 come rientrante in un elenco di leggi (preclusive) in cui non compare, o applicare per analogia una norma decadenziale, rischia di alimentare il contenzioso tributario.
E non si tratta di mera speculazione teorica: basti ricordare il precedente della L. 342/2000, che estese i benefici prima casa a successioni e donazioni. Anche allora emerse un mancato coordinamento: la normativa sull’imposta di registro non citava tra le cause ostative gli acquisti per successione o donazione agevolata.
In quella circostanza, sia l’Agenzia delle Entrate (circolare n. 44/2001), sia il Consiglio nazionale del Notariato (Studio n. 30-2005/T) riconobbero che la fruizione dell’agevolazione in sede di donazione/successione non precludeva un successivo acquisto oneroso agevolato, dando origine a un analogo precedente di “doppia prima casa”.
Anche in quel caso (come fu chiarito dal Notariato) la giustificazione era da ricercarsi nel testo della lett. c) della Nota II-bis.
Spetterà purtroppo ai professionisti l’onere di governare questa fase di incertezza, nonché l’ingrato compito di dover suggerire ai propri clienti – non senza un certo disagio – di assumere prudenzialmente impegni di rivendita che la legge, sul piano letterale, non impone, in attesa che il legislatore intervenga quanto prima a riallineare il dato normativo alla sua effettiva ratio.
Vietate le riproduzioni ed estrazioni ai sensi dell’art. 70-quater della L. 633/1941