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FISCO

Limite netto alla proroga processuale per il pagamento del debito tributario

La Cassazione ha escluso la possibilità di prorogare per più di tre mesi il termine al fine di fruire della causa di non punibilità

/ Maria Francesca ARTUSI

Giovedì, 11 dicembre 2025

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L’art. 13 del DLgs. 74/2000 disciplina le cause di non punibilità applicabili ai reati tributari.
La Cassazione torna a precisare, nella sentenza n. 39557 depositata ieri, che la finalità specifica di tale norma è quella di ottenere la percezione da parte dell’Erario del credito fiscale, attraverso la massima valorizzazione di condotte post factum improntate alla riparazione del danno provocato con la condotta illecita.

In particolare, nei commi 1 e 2 del citato art. 13, sono previste cause di non punibilità integrate dal pagamento del debito tributario, e in presenza di determinate condizioni, fissate in modo diverso per categorie di reati, mentre, nel comma 3, è stabilita la concessione di un termine per consentire l’adempimento in tempo utile al fine di poter fruire della causa di non punibilità.
Dunque, ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità, il legislatore – nel tentativo di bilanciare la certezza dei tempi processuali con l’esigenza di fornire all’imputato il tempo necessario per definire l’adempimento del debito – ha previsto che sia concesso un termine di tre mesi “per il pagamento del debito residuo”, termine che può essere prorogato una sola volta per non oltre tre mesi.

La previsione normativa è comunque chiara nel senso che la causa di non punibilità opera se entro la dichiarazione di apertura del dibattimento interviene non l’accordo tra contribuente e Fisco, ma l’integrale pagamento del debito.
Sul punto la giurisprudenza – nell’interpretazione sposata dalla sentenza in commento – ha chiarito che l’accordo tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito, quantunque comporti la rimodulazione della sua scadenza, che viene scansionata nel tempo in corrispondenza ai termini delle singole rate, non esclude che, al verificarsi di detta scadenza senza la soddisfazione totale del debito, il reato resti comunque configurabile.
In tale prospettiva, infatti, la previsione di una causa sopravvenuta di non punibilità del fatto lascia immutata l’illiceità della condotta, non essendo applicabili né la scriminante dell’esercizio del diritto o adempimento del dovere (art. 51 c.p.), né quella derivante da un errore incolpevole ai sensi dell’art. 59 comma 4 c.p. Per tale ragione, l’effetto novativo dell’obbligazione che deriva dall’accordo tra il contribuente e l’Amministrazione rimane circoscritto all’ambito tributario, non producendo conseguenze sul piano penale (cfr. Cass. nn. 10730/2023 e 16472/2020).

Così ricostruito, il meccanismo di operatività delineato dall’art. 13 del DLgs. 74/2000 non presenta peraltro frizioni rispetto ai principi costituzionali, risultando assicurato un equo contemperamento tra diritto di difesa dell’imputato, ragionevole durata del processo e necessità di tutela dell’Erario. Né costituisce un’anomalia il fatto che a una determinata condotta vengano attribuiti effetti parzialmente differenti da rami diversi dell’ordinamento giuridico.

Nel caso in esame, la difesa aveva invocato proprio l’applicazione del comma 3, in quanto il contribuente aveva sottoscritto un atto di adesione che non avrebbe portato a estinguere il debito tributario nel termine di tre mesi, anche se fosse stato prorogato di ulteriori tre mesi.
La giurisprudenza di legittimità ha di recente chiarito che tale comma 3 è disposizione che si lega ai commi precedenti, sia perché non indica qual è il vantaggio conseguibile mediante l’estinzione del debito tributario, né lo scopo pratico per il quale è concessa la sospensione della prescrizione, invece individuabili sulla base di quanto previsto nei commi 1 e 2, sia perché è funzionale a consentire l’adempimento “prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado”, ossia proprio entro il termine previsto dai commi 1 e 2 per l’integrazione della causa di non punibilità (Cass. n. 1227/2025).

Ne discende allora – secondo i giudici di legittimità – che è ragionevole ritenere che tale disposizione sia diretta a consentire all’imputato di poter fruire delle cause punibilità di cui al comma 2. Quando, poi, il procedimento si svolge nelle forme del rito abbreviato occorre avere riguardo a una dimensione temporale che sia analogamente ben cristallizzata e, dunque, il pagamento del debito d’imposta deve avvenire al più tardi prima dell’inizio della discussione.

Nel caso in esame, la difesa stessa in sede di discussione (termine ultimo per il pagamento del debito tributario) aveva escluso che l’imputato potesse provvedere al pagamento di tutte le rate in tre mesi, anche prorogati, ma aveva bisogno di un termine più lungo.
Correttamente, dunque, era stata rigettata la richiesta di sospensione del procedimento perché non finalizzata all’estinzione del debito tributario.
In proposito la Corte costituzionale n. 256/2017 aveva già chiarito che si tratta di una scelta discrezionale del legislatore che non si pone in diretto contrasto con i principi di uguaglianza e di difesa (artt. 3 e 24 Cost.).

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