Non solo limite agli incarichi, ma anche verifica della qualità del lavoro
Necessaria una procedura di controlli sempre più sempre più orientata alla valutazione preliminare del rischio e alla pianificazione dell’attività
Pubblichiamo l’intervento di Corrado Baldini, delegato UNGDCEC “Revisione e Collegio Sindacale”.
Il mondo dei controlli societari ha subito un importante innovazione con l’approvazione del DLgs. 39/2010 che ha regolamentato l’attività di controllo di legalità (quello che eravamo abituati a definire controllo contabile), armonizzando sempre più la nostra normativa con gli standard internazionali. Pertanto quando si approccia qualsiasi problema in ambito di controllo societario è bene ora specificare a quali controlli ci si riferisce. E a mio avviso ciò deve a maggior ragione valere per un tema così importante quale è quello dell’introduzione di un limite al numero degli incarichi, nella convinzione che occorre distinguere tra incarichi di “revisione legale” e incarichi di sindaco di società. Concordo infatti con chi sostiene che l’attività del professionista dipende molto dalla sua capacità organizzativa. Ciò vale certamente per l’attività di revisione legale, per la quale il modello organizzativo implementato dal professionista può rappresentare un elemento determinante nell’assunzione degli incarichi, mentre ciò non può trovare riscontro automatico nell’attività di sindaco, che si caratterizza per una maggior personalizzazione dell’attività svolta. A questo proposito vale la pena evidenziare che in un mondo “ideale” non si assisterebbe ad alcun dibattito sul tema. Infatti, anche in questo settore, agirebbe per tutti quella invisible hand di smithiana memoria: il sistema si autoregolamenterebbe da solo in quanto ogni professionista non acquisirebbe più incarichi di quelli che correttamente riuscirebbe a svolgere. Poiché sottostante al principio della limitazione al numero degli incarichi, non si deve mai dimenticare, c’è un elemento fondamentale: la possibilità del sindaco di svolgere in modo professionale l’attività di controllo. A questo proposito occorre evidenziare che la normativa nazionale prevede alcune “incombenze” alle quali il sindaco non dovrebbe mai sottrarsi. Una di queste, ad esempio, è rappresentata dalla partecipazione alle riunioni dell’organo amministrativo. Attività che, in certi periodi dell’anno e per certe specifiche attività, richiede un impegno circoscritto in un periodo ben preciso.
Come d’abitudine, vorremmo aggiungere un ulteriore tassello al dibattito in corso. Il punto di partenza resta sempre l’obiettivo che si vuole raggiungere, che, nel caso specifico, è rappresentato dalla garanzia che l’attività di controllo venga svolta in modo professionale e quindi nel rispetto di principi di qualità del lavoro. Se questo è l’obiettivo, in effetti, l’attenzione dovrebbe essere posta sulla verifica della qualità dei controlli svolti dai professionisti investiti di tale ruolo che non è unicamente privatistico, ma è al contrario di natura pubblicistica nella misura in cui è orientato a garantire la fede pubblica in materia di rispetto delle regole da parte dei soggetti economici e non che operano sul mercato.
Siamo pertanto convinti che parlare di introduzione di un limite al numero degli incarichi sia importante, ma non sufficiente, in quanto occorrerà sempre più spostare l’asticella sull’attività di verifica della qualità del lavoro, eventualmente introducendo una procedura dei controlli sempre più orientata alla valutazione preliminare del rischio e alla pianificazione dell’attività, così come già oggi avviene per l’attività di revisione legale, al fine di mettere a disposizione dei professionisti che ricoprono ruoli di sindaco un modus operandi che sia da guida all’attività di controllo. Come professionisti e cittadini siamo ben consci che nella totalità dei casi i limiti sono ingiusti, ma rappresentano un compromesso tra la semplicità e la giustizia. A ciò occorre aggiungere che una norma funziona bene se è chiara, di semplice applicazione e risulta facile verificarne la corretta applicazione.
Ecco perché, nel caso delle società diverse dagli enti di interesse pubblico, a mio avviso è necessario introdurre un limite numerico preciso, in quanto l’introduzione di una soglia di criticità, se da un punto di vista meramente teorico garantirebbe un approccio più giusto, da un punto di vista pratico rischierebbe di mantenere lo status quo, perché risulterebbe pressoché impossibile verificarne il rispetto da parte dei professionisti. Tale soglia, per definizione, deve rappresentare un limite massimo. All’interno di quel limite potrebbero essere introdotte ulteriori soglie di criticità, raggiungendo in tal modo due obiettivi: semplicità e coerenza, da un lato, e maggior giustizia, dall’altro, perché un sistema che accetta l’esistenza in capo ad un singolo professionista di un numero di incarichi sindacali che supera le cinquanta unità non può pretendere di essere ascoltato. La capacità che noi professionisti dovremmo avere è proprio quella di dimostrare che laddove esistono situazioni patologiche il sistema è in grado di autoregolamentarsi per il bene dei professionisti, ma sempre e soprattutto a favore di quell’interesse pubblico che rappresenta pur sempre il principale obiettivo di noi professionisti.
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