Bene la soglia di criticità se tappa intermedia
Il dibattito che prosegue da alcuni giorni su Eutekne.info, relativamente alla questione della estensione di un limite al cumulo anche per gli incarichi sindacali nelle società diverse da quelle di pubblico interesse, è ben lungi dal potersi considerare esaurito.
Possiamo però provare già ora a tirare qualche provvisoria considerazione di sintesi, tenendo conto anche di come la questione viene affrontata nelle Norme di comportamento che il CNDCEC ha reso disponibile per la pubblica consultazione.
Innanzitutto, pare evidente che l’ipotesi del limite al cumulo incontra più consensi che dissensi, seppure con sfumature diverse e sulla base di argomentazioni non meno variegate.
Ce lo testimoniano gli interventi e le dichiarazioni di autorevoli dirigenti della Categoria che abbiamo ricevuto o raccolto, così come le e-mail di commento di Colleghi che ci hanno indotto a mettere sin d’ora in cantiere un sondaggio on line per i primi di settembre.
In linea con questo sentire diffuso, la bozza approvata dal CNDCEC individua per la prima volta una soglia di criticità, in corrispondenza di venti incarichi, superata la quale l’iscritto all’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili deve implementare una procedura di valutazione adeguatamente documentata che consenta di accertare con particolare accuratezza la sua capacità di essere comunque in grado, nonostante l’elevato numero di incarichi ricoperti, di partecipare ad almeno due terzi delle attività necessarie per lo svolgimento di ciascun singolo incarico.
Una soglia di criticità non è ovviamente una limite al cumulo: chi è in grado di comprovare (in modo adeguatamente documentato, stando alla bozza) la sua capacità operativa, può tranquillamente continuare a ricoprire più di venti incarichi ed assumerne di nuovi. Per chi è a favore di un vero e proprio limite al cumulo degli incarichi, come anche il sottoscritto (si veda “Dibattito aperto sul limite agli incarichi” del 29 luglio 2010), questa impostazione è da valutarsi come un passo avanti da salutare positivamente, oppure come un’occasione mancata per eccesso di “doroteismo”?
Prima di dare una risposta, è opportuno fare un passo indietro e ricordare che, allo stato attuale delle cose, la legge non riserva l’ufficio di sindaco ai soli iscritti all’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, ma lo consente anche ai “meri” iscritti al registro dei revisori legali, agli avvocati, ai consulenti del lavoro e ai professori universitari di ruolo in materie giuridiche ed economiche. Ciò detto, l’introduzione di un limite rigido e prefissato da parte del CNDCEC avrebbe come unico effetto quello di vincolare sul piano deontologico i dottori commercialisti e gli esperti contabili, lasciando invece liberi coloro che assumono incarichi sindacali senza essere iscritti al nostro Albo. Quante volte abbiamo avuto l’impressione che, come categoria, siamo molto bravi a imporci obblighi e limiti e molto meno ad ottenere riconoscimenti e diritti?
In un contesto normativo che non attribuisce al commercialista l’esclusiva per la funzione di sindaco, la previsione di un limite rigido e prefissato al cumulo degli incarichi deve essere stabilita dalla legge e non dagli organi di governo di una singola professione, a meno che la logica sia quella, già più volte seguita in passato, del farsi del male da soli; oppure sia esclusivamente quella, legittima ma davvero antitetica al concetto stesso di libera professione, della mera redistribuzione degli incarichi all’interno della Categoria.
La scelta del CNDCEC di introdurre una soglia di criticità, superata la quale gli incarichi rimangono assumibili, ma diviene necessario comprovare adeguatamente la propria capacità di assolvimento dei compiti, sembra dunque quella più condivisibile e apprezzabile.
Inoltre, piaccia o non piaccia, essa rappresenta anche un implicito messaggio lanciato al legislatore, perché valuti la trasformazione di tale soglia di criticità deontologica in vero e proprio limite applicabile erga omnes.
Dopodiché, proprio perché è evidente che questa sarà la probabile deriva, una politica lungimirante da parte della nostra Categoria sarà, auspicabilmente, proprio quella di non fermarsi a questo apprezzabile documento, ma di rendersi parte diligente nel confronto con il legislatore. Non “chiedendo” al legislatore l’introduzione del limite degli incarichi (approccio degno dell’indimenticato Tafazzi di “Mai dire goal”), bensì confrontandosi sulla natura pubblicistica del collegio sindacale, quale ente preposto alla tutela di interessi generali, prima ancora che degli interessi dei soci che lo nominano.
Proprio questa sua natura giustifica infatti le richieste di una sua estensione anche a società che oggi non sono obbligate ad averlo e della inderogabilità dei minimi tariffari per i compensi relativi a questa specifica funzione; obiettivi politicamente meno irraggiungibili se legati al sacrificio (sacrificio, si badi bene: non richiesta) dell’introduzione di un limite al cumulo degli incarichi; limite che dovrà comunque tenere conto della tipologia delle società controllate (come per il “modello Consob”) e, possibilmente, anche della struttura di cui si avvale il sindaco.
La direzione verso cui ci spinge il documento approvato dal CNDCEC è dunque quella giusta; basta non pensare che sia il punto di arrivo.