Verso l’Agenzia vige il principio di lealtà, non di sottomissione
Caro Direttore,
“ci sarà un giudice a Berlino!”, fa dire Bertolt Brecht al mugnaio di Potsdam che, vessato dal signore del luogo, esprime così la fiducia nella giustizia (e alla fine la ottiene).
Lo stesso atteggiamento dobbiamo avere nei confronti della struttura tributaria e, in questo senso, dovrebbe essere concepito in modo positivo l’invito rivolto al collega Zivelonghi di Verona, che lamenta di non riuscire a far intendere all’Agenzia le proprie ragioni (si veda la lettera “Anche se il diniego al rimborso IVA è errato, si può solo presentare ricorso”).
Non va dimenticato che l’Agenzia delle Entrate è solo una parte, sia pure pubblica, nel complesso rapporto tra contribuente e Fisco e, come una parte, cerca di ottenere il massimo risultato (non a caso, le Agenzie delle Entrate pubblicano un bilancio con utili o perdite).
Ma se quella parte cerca di portare acqua al proprio mulino, vale il richiamo al mugnaio ed è conveniente che l’altra parte cerchi il “giudice” che verifichi ragioni e torti; non per nulla vengono enfatizzate le “alternative al ricorso” ed i percorsi per deflazionare il contenzioso tributario, sintomo evidente che l’Agenzia teme la diffusa verifica dei propri atti dal giudice, sia esso di Berlino o di una più modesta nostra bella città.
A volte, forse, da parte nostra vi è un approccio eccessivamente reverenziale nei confronti di quella che non è altro, si ripete, che una delle parti in una vertenza, parte nei confronti della quale vige il principio di lealtà (art. 88 c.p.c.), ma non di sottomissione.
Anche cercando di non subire l’altrui comportamento si afferma il prestigio di una categoria professionale.
Alberto Arrigoni
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano
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