Stesse regole per tutti per una sana competitività nei servizi contabili
Gentile Direttore,
da qualche tempo osservo nei principali ambienti di comunicazione interprofessionale, su frequentate pagine social e anche nei nostri ambienti sindacali, le giuste rimostranze di colleghi che lamentano l’eccesso di offerta di servizi di assistenza fiscale, tributaria e del lavoro nel mercato italiano.
I commercialisti lamentano intrusioni di CAF, consulenti del lavoro, centri di elaborazione dati, associazioni di categoria imprenditoriale nel loro campo. I consulenti del lavoro lamentano altrettanto. I CAF si propongono per la gestione contabile. I tributaristi reclamano nuovi spazi.
La consulenza aziendale, fiscale e del lavoro e i servizi connessi sembrano l’unico lavoro possibile per tutti.
Se seguiamo un lontano indirizzo della politica europea, in cui separazione professionale tra consulenza e servizi non esiste, e soprattutto le indicazioni della mai totalmente attuata Bolkestein, tutto sommato dovremmo interpretare il futuro della professione in una dimensione più competitiva. Via le lobby, via i centri di potere, via le categorie professionali, via gli ordini, mercato libero e prezzo autoregolamentato.
Chi come noi ha formazione economica non ha paura di questi principi. Sono come le parabole del Vangelo, le impari all’università come una legge naturale. Alla mamma si vuole bene, a prescindere. Domanda e offerta si incrociano determinando il prezzo di mercato, a prescindere.
Io non dimentico però che i principali studi sulla competitività e mercato li ha sintetizzati Michael Porter e nei suoi trattati ci ha insegnato che esiste una competitività sana se partiamo tutti dalle stesse regole. Il mercato dei servizi contabili e consulenziali può essere competitivo in favore del consumatore se partiamo tutti dalle medesime regole di base e seguenti condizioni.
Allora lo spiega lei al legislatore, quello delle lenzuolate, che CAF, commercialisti, consulenti del lavoro, centri di elaborazione dati, tributaristi, associazioni di categoria, accedono al mercato tutti in maniera diversa? Chi previo percorso universitario, chi senza, chi con un esame di Stato, chi senza, chi con una iscrizione al registro imprese, chi senza?
Chi con obblighi formativi, chi senza? Chi con obblighi antiriciclaggio, chi senza?
Allora io comprendo bene che esiste un diritto del consumatore a farsi la contabilità o la dichiarazione da solo, però, se si vuole rivolgere a un soggetto terzo, dobbiamo partire tutti con regole uguali e obblighi uguali. Perché altrimenti il mercato segue solo le regole del prezzo più basso verso un appiattimento culturale drammatico dei servizi consulenziali.
E quando qualcuno ci viene a raccontare la storia che consulenza e servizi sono cose diverse, che per la consulenza ci vuole il professionista e per i servizi basta un centro di elaborazione dati, vuol dire che si nasconde dietro un dito e farfuglia fantasiosi concetti giuridici che in Italia risalgono al 1942 e oggi non esistono più.
Chi fa consulenza contabile offre nel 90% dei casi il relativo servizio, e lo stesso per la consulenza fiscale, societaria etc. etc.
Noi che siamo alfieri dei vantaggi del libero mercato non riusciamo a spiegare al legislatore che le regole per avere un mercato libero non sono queste.
Francesco Andrea Falcone
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Taranto
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