Torna l’incasso giuridico dei crediti rinunciati
L’Agenzia delle Entrate ha ribadito che i dividendi devono considerarsi giuridicamente incassati
Con la risposta a interpello n. 182, pubblicata ieri, 8 luglio 2025, l’Agenzia delle Entrate è tornata a pronunciarsi sul trattamento fiscale della rinuncia a crediti da parte dei soci, ribadendo il proprio orientamento in ordine alla tesi del cosiddetto incasso giuridico.
Nel caso di specie, la rinuncia aveva per oggetto la distribuzione di utili (e, quindi, dividendi) e trovava fondamento nel fine di patrimonializzare la società contribuente. I soci erano persone fisiche non imprenditori.
L’Agenzia delle Entrate ha ricordato che, avuto riguardo al tema in esame, occorre fare riferimento all’art. 88 comma 4-bis del TUIR (come inserito dall’art. 13 comma 1 lett. a) del DLgs. 147/2015 a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 7 ottobre 2015), il quale stabilisce che “la rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale. A tal fine, il socio, con dichiarazione sostitutiva di atto notorio, comunica alla partecipata tale valore; in assenza di tale comunicazione, il valore fiscale del credito è assunto pari a zero”.
Come evidenziato dalla Relazione illustrativa al DLgs. 147/2015, con l’introduzione della norma citata è stato “riformato il regime fiscale IRES delle rinunce a crediti da parte dei soci, riconducendolo a sostanziale unità, a prescindere dalla modalità con cui l’operazione viene formalmente svolta, nonché dai principi contabili utilizzati dai soggetti coinvolti. In particolare, tanto per le operazioni di rinuncia diretta a crediti originariamente sorti in capo al socio, quanto per quelle precedute dall’acquisto del credito (o della partecipazione) da parte del socio (o del creditore), il nuovo regime qualifica fiscalmente come «apporto» (non tassabile, ndr) la sola parte di rinuncia che corrisponde al valore fiscalmente riconosciuto del credito (…); l’eccedenza, invece, costituisce per il debitore partecipato una sopravvenienza imponibile”.
La ris. Agenzia delle Entrate n. 124/2017 (recentemente confermata dalla risposta a interpello n. 59/2025 proprio in riferimento ad un caso di rinuncia a dividendi) ha affermato che, in presenza di crediti verso persone fisiche non esercenti attività d’impresa, non è ravvisabile alcuna differenza tra valore fiscale e valore nominale dei crediti rinunciati.
Pertanto:
- la società partecipata non deve tassare alcuna sopravvenienza attiva ex art. 88 comma 4-bis del TUIR;
- non è necessaria la comunicazione alla società partecipata del valore fiscale dei crediti oggetto di rinuncia.
Nella specie, in particolare, non si possono verificare quelle distorsioni dovute alla mancata coincidenza tra il valore nominale dei crediti e il loro valore fiscale (ad esempio, per effetto di svalutazione), che il legislatore ha inteso scongiurare e che sono ravvisabili soltanto in presenza di un’attività d’impresa.
La risposta a interpello pubblicata ieri aggiunge, rispetto a quanto riportato nei citati documenti di prassi, che un soggetto può esercitare una rinuncia esclusivamente nei confronti di diritti di cui può disporre; pertanto, detta questione non è riferibile alla sussistenza di un eventuale salto di imposta che si potrebbe eventualmente verificare con la rinuncia del socio a un credito vantato nei confronti della società partecipata (al quale hanno posto rimedio le disposizioni degli artt. 88 comma 4-bis, 94 comma 6 e 101 comma 7 del TUIR), ma verte sul momento in cui un componente reddituale (come i dividendi) diviene imponibile in capo al soggetto passivo d’imposta (nella specie, i soci).
Nel caso in esame, in cui i soci sono persone fisiche non esercenti attività d’impresa, il valore fiscale del credito non è pari a zero (come, invece, affermato dai soci nell’atto di notorietà attestante il valore fiscale del credito e come sostenuto dalla dottrina; tra gli altri si veda la norma di comportamento AIDC n. 201/2018), ma corrisponde al valore nominale dello stesso.
Per avvalorare le proprie considerazioni, l’Amministrazione fa poi espresso riferimento (per la prima volta, a quanto ci consta) al diverso orientamento della pronuncia della Cassazione n. 16595/2023 (citata espressamente dalla società contribuente nella propria istanza), secondo cui la tesi dell’incasso giuridico non trova fondamento con riferimento al regime vigente.
Secondo la risposta a interpello n. 182/2025, il fatto che, nella specie, il valore fiscale del credito corrisponda al valore nominale assume rilievo dirimente per differenziare la fattispecie in esame da quella esaminata nella sentenza n. 16595/2023, in cui la rinuncia al credito (avente per oggetto interessi maturati su un finanziamento erogato alla partecipata) avveniva successivamente all’acquisto del medesimo credito da parte della società rinunciante.
Sulla base di quanto riportato, l’Agenzia delle Entrate conclude che, nel caso di specie, la rinuncia dei soci ai crediti per dividendi non si considera sopravvenienza attiva in capo alla società contribuente.
Inoltre, considerato che i dividendi oggetto di rinuncia sono stati deliberati dall’Assemblea dei soci e che da tale delibera è sorto il diritto di credito dei soci alla distribuzione, detti dividendi sono da considerare giuridicamente incassati e, quindi, da assoggettare a ritenuta a titolo di imposta del 26% ai sensi dell’art. 27 del DPR 600/73.
A ben vedere, anche sulla base di quanto affermato dalla Relazione illustrativa al DLgs. 147/2015, non sembrano ravvisarsi differenze tra le operazioni di rinuncia diretta a crediti originariamente sorti in capo al socio e le operazioni precedute dall’acquisto del credito da parte del socio.
Le conclusioni cui perviene la sentenza n. 16595/2023 sembrano piuttosto basarsi sul presupposto che i crediti correlati a redditi tassati per cassa assumano valore fiscale pari a zero e, quindi, la rinuncia comporti la tassazione integrale della sopravvenienza attiva in capo alla società partecipata.
Peraltro, l’orientamento è stato recentemente confermato dall’ordinanza della Cassazione n. 14921/2025.
Vietata ogni riproduzione ed estrazione ex art. 70-quater della L. 633/41