La subordinazione può sussistere anche quando il potere disciplinare è esercitato in modo sporadico
Con la sentenza n. 23846 di ieri, la Cassazione ha respinto il ricorso di un’agenzia di scommesse avverso la decisione della Corte d’appello, che aveva riconosciuto la natura subordinata del rapporto di lavoro a tempo indeterminato intercorso tra la società e una lavoratrice, impiegata come terminalista addetta alla ricezione di scommesse.
Secondo l’agenzia, il rapporto di lavoro che entrambe le parti avevano prescelto era quella della parasubordinazione, tenuto conto che l’attività della lavoratrice si svolgeva secondo modalità del tutto incompatibili con lo schema contrattuale della subordinazione, ossia in modo saltuario e con la facoltà di declinare la presenza giornaliera sul posto di lavoro senza addurre giustificazioni.
In base alla tesi datoriale, poi, l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato doveva essere esclusa tenuto conto che non era stato accertato che la lavoratrice fosse, tra le altre cose, soggetta al potere disciplinare.
Confermando la decisione presa dai giudici d’appello, la Suprema Corte ribadisce che, nei casi in cui la distinzione tra lavoro autonomo e subordinato sia di più complessa definizione in relazione al tipo di incarico conferito al lavoratore e al contesto in cui è svolta la prestazione, è legittimo ricorrere a indicatori sussidiari, come l’esistenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale ovvero l’incidenza del rischio economico, l’osservanza di un orario, la forma di retribuzione, la continuità della prestazione.
Di conseguenza, per la Cassazione, sia nel caso in cui le mansioni inerenti alla prestazione siano elementari, ripetitive e predeterminate nelle modalità di esecuzione, sia in quello opposto, in cui le stesse mansioni, per lo più intellettuali, siano di alto livello, il criterio rappresentato dall’assoggettamento del prestatore all’esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare può non risultare significativo per la qualificazione della natura del rapporto: in tal caso occorre far ricorso a criteri distintivi sussidiari quali la continuità e durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell’orario, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale e la sussistenza di un reale potere di autorganizzazione in capo al prestatore.
Sul punto, i giudici di legittimità evidenziano che la Corte d’appello si è attenuta ai predetti criteri, considerando correttamente i risultati istruttori dai quali era emerso, ad esempio, che il lavoro degli addetti alla ricezione di scommesse si svolgeva nei locali dell’agenzia e che i lavoratori erano sottoposti all’attività di vigilanza e controllo da parte del responsabile dell’agenzia. Ancora, le mansioni svolte non richiedevano l’espletamento del potere direttivo in via continuativa, in quanto, una volta apprese le operazioni da compiere, le stesse si rivelavano semplici e non esigevano un alto grado di professionalità.
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