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Mercoledì, 15 ottobre 2025 - Aggiornato alle 6.00

IL CASO DEL GIORNO

Per la condotta antisindacale rileva l’attualità dei suoi effetti

/ Federico ANDREOZZI

Mercoledì, 15 ottobre 2025

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L’art. 28 della L. 300/70 prevede un apposito procedimento per la repressione della condotta antisindacale posta in essere dal datore di lavoro, a salvaguardia del normale svolgimento dell’attività sindacale aziendale: nel caso in cui il datore di lavoro impedisca o limiti l’esercizio della libertà e dell’attività sindacale, nonché del diritto di sciopero, l’organizzazione sindacale può denunciare tale comportamento al giudice del lavoro; laddove quest’ultimo accerti l’effettiva lesione dei diritti sindacali, può ordinare al datore di cessare dal comportamento ritenuto antisindacale e di rimuovere gli effetti dello stesso.

L’individuazione delle condotte illecite va compiuta secondo un’interpretazione teleologica, in quanto la disposizione delinea il comportamento illegittimo non in base a caratteristiche strutturali ma, piuttosto, alla sua idoneità a ledere la libera attività sindacale e il diritto di sciopero; non è quindi necessario uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro.

Nel corso del tempo, si è quindi formata, in via giurisprudenziale, una nutrita casistica di condotte definibili come antisindacali, dirette cioè a limitare o impedire, ad esempio, il diritto di assemblea, di affissione, di fruizione di permessi e aspettative o di proselitismo.

Ciò premesso, i comportamenti contro i quali si può indirizzare l’azione ex art. 28, oltre ad essere tali da produrre il risultato vietato dalla legge, devono possedere un ulteriore requisito, dovendo cioè essere attuali. E proprio in merito alla sussistenza di tale requisito che si registra una recente pronuncia della Cassazione, la n. 26618/2025.

Con l’occasione, la Suprema Corte ha ribadito come il requisito dell’attualità non sia escluso dall’esaurirsi della singola azione antisindacale del datore di lavoro, laddove il comportamento illegittimo di quest’ultimo risulti, alla stregua di una valutazione globale e non limitata a singoli episodi, persistente e idoneo a produrre effetti durevoli nel tempo, sia per la sua portata intimidatoria, sia per la situazione di incertezza che ne consegue, tale da determinare una restrizione o un ostacolo al libero svolgimento dell’attività sindacale.

Da ciò deriva che quando non sia più suscettibile di una tutela in forma specifica, diretta alla rimozione degli effetti immediati, per il difetto di attualità conseguente al consolidarsi delle situazioni dei lavoratori che ne sarebbero coinvolte, può tuttavia permanere l’interesse parimenti attuale ad una pronuncia di accertamento, che verifichi l’esistenza di una lesione. Detto interesse si radica nell’esigenza di evitare che il trascorrere del tempo giunga ad avallare una determinata condotta, un comportamento prevaricatore, in spregio al corretto andamento delle relazioni intersindacali.

Ciò detto, sono molteplici le ipotesi in cui la Cassazione ha ritenuto sussistente il requisito dell’attualità, pur in presenza di condotte datoriali materialmente già cessate ma i cui effetti ledevano, di fatto, l’interesse delle organizzazioni sindacali.
Ad esempio, viene in rilievo il caso affrontato nella summenzionata pronuncia n. 26618/2025, in cui la datrice aveva sanzionato con una multa di 3 ore di retribuzione tutti i lavoratori partecipanti ad uno sciopero. Benché il relativo ricorso ex art. 28 fosse stato depositato ben 3 mesi dopo l’irrogazione delle sanzioni, i giudici di legittimità avevano ritenuto sussistente l’attualità della lesione: l’interesse sindacale, secondo questi ultimi, permane sino al definitivo accertamento giudiziale dell’antisindacalità della condotta denunciata e alla conferma e alla rimozione di ogni effetto lesivo.
Tale caso non è però isolato.

Basti considerare la fattispecie affrontata dalla Cassazione con l’ordinanza n. 13860/2019, vertente sulla legittimità del mancato coinvolgimento del sindacato, in violazione delle norme del CCNL applicato al rapporto, rispetto ad un problema di eccedenza di personale: ritenendo persistente l’attualità della lesione, pur avendo il datore di lavoro già dato seguito ai licenziamenti, la Corte aveva specificato come il danneggiamento dell’immagine e del ruolo dell’associazione sindacale, quale soggetto rappresentativo degli interessi dei lavoratori e in grado di tutelare gli stessi, non fosse destinata ad esaurirsi in modo istantaneo, avendo invece idoneità a produrre effetti duraturi e a rendere quindi attuale la condotta antisindacale.

Infine, un altro esempio può essere portato dalla pronuncia n. 2479/2025, resa in ambito sanitario, in cui l’ASL aveva modificato le dotazioni organiche dei dirigenti e riorganizzato le strutture semplici e complesse, in violazione delle prerogative delle organizzazioni sindacali; in questa ipotesi la Corte, nel dichiarare l’antisindacalità della condotta e l’attualità dell’interesse dell’organizzazione sindacale, aveva altresì chiarito come “il consolidarsi pluriennale di quegli effetti verso i lavoratori […] finirebbe altrimenti per rendere effettiva l’elusione delle regole di partecipazione sindacale e le conseguenti tutele, come se nulla di illegittimo fosse accaduto”.

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