Rispetto del requisito di inerenza anche nel reverse charge
Con la sentenza n. 140 di ieri, 5 gennaio 2022, la Cassazione si è pronunciata in merito alla rilevanza che possiede il requisito dell’inerenza rispetto agli acquisti effettuati da un soggetto passivo nazionale con il meccanismo del reverse charge.
Come precisato dai giudici di legittimità, il sorgere e l’esercizio del diritto di detrazione prevede, quale modalità tecnica, l’annotazione della stessa operazione nel registro degli acquisti, al fine di rispettare il principio di neutralità dell’IVA. Si tratta di un elemento integrativo rispetto alla condizione generale di cui all’art. 19 comma 1 del DPR 633/72 in tema di detrazione dell’IVA.
Sullo stesso soggetto, dunque, si cumula il meccanismo operativo del reverse charge oltre ai presupposti sostanziali che disciplinano il diritto alla detrazione.
In particolare, nella sentenza si mette il luce come il diritto di detrazione da parte del cessionario o committente sia condizionato alla sussistenza, oltre che delle condizioni soggettive (il fatto che egli sia un soggetto passivo d’imposta), anche di quelle oggettive, vale a dire che i beni o servizi siano utilizzati ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta (art. 168 lett. a) della direttiva 2006/112/Ce).
La carenza di queste condizioni impedisce il sorgere del diritto di detrazione, con la conseguenza che l’annotazione sul registro degli acquisti determina una fruizione indebita del diritto alla detrazione dell’imposta.
Il diritto di detrazione, che deriva dall’annotazione nel registro degli acquisti, presuppone, invece, che vi siano le condizioni sostanziali, tra le quali deve essere annoverata anche l’inerenza dell’operazione rispetto all’attività d’impresa, ossia l’esistenza di una connessione con l’attività d’impresa del soggetto passivo. Laddove sia accertata l’insussistenza del requisito di inerenza, ciò comporta la ripresa della somma portata in detrazione, ferma, per contro, l’imposta a debito da versare.
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