Territorialità dei servizi secondo i criteri generali anche in caso di frode IVA
Nella sentenza di ieri, 27 ottobre 2022, relativa alla causa C-641/21, la Corte di Giustizia Ue ha chiarito che il luogo di una prestazione di servizi non può essere modificato, in violazione dell’art. 44 della direttiva 2006/112/Ce, per il fatto che l’operazione rientri in una frode IVA.
La fattispecie in esame riguarda il trasferimento, a titolo oneroso, di quote di emissioni di gas a effetto serra, da parte di un soggetto stabilito in uno Stato membro, a un altro soggetto passivo stabilito in un diverso Stato membro.
Preliminarmente, i giudici unionali hanno chiarito che la descritta operazione si qualifica come prestazione di servizi e che, ai sensi dell’art. 44 della direttiva 2006/112/Ce, ai fini della territorialità IVA il criterio prioritario cui fare riferimento è rappresentato dal luogo in cui il committente soggetto passivo ha fissato la sede dell’attività economica.
D’altro canto, è ricordato che, in linea di principio, le Autorità nazionali devono “negare il beneficio dei diritti previsti dalla direttiva IVA, invocati fraudolentemente o abusivamente”, non solo quando è commessa un’evasione dal soggetto passivo, ma anche quando questi “sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare (...) a un’evasione dell’IVA commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di operazioni” (cfr., per tutte, Corte di Giustizia 18 dicembre 2014, cause riunite C-131/13, C-163/13 e C-164/13). Tuttavia, ciò vale qualora si verta sull’invocazione di un diritto e non in merito alla determinazione del luogo di una prestazione di servizi.
Nel caso specifico, la Corte di Giustizia ha pertanto concluso che, in caso di frode in materia di IVA, il luogo di una prestazione di servizi non possa ritenersi situato in uno Stato membro diverso da quello determinato in forza delle disposizioni unionali, coerentemente con gli obiettivi e l’impianto sistematico generale delle medesime.
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