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IMPRESA

Ricorso inammissibile con relazione particolareggiata del gestore della crisi carente

La condotta del debitore nell’indebitarsi rileva anche nel concordato minore

/ Francesco DIANA

Giovedì, 10 luglio 2025

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Nell’ambito delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, la relazione particolareggiata del gestore della crisi (ex artt. 68 comma 2 e 76 comma 2 del DLgs. 14/2019) costituisce elemento indefettibile per l’ammissibilità del ricorso.
La sua assenza ovvero la sua inidoneità ad assolvere alle funzioni affidategli dal legislatore è tale, infatti, da incidere sull’intero ricorso del debitore, rendendolo inammissibile.

In particolare, nell’ambito del concordato minore, la relazione del gestore della crisi è chiamata, tra l’altro, ad attestare la fattibilità del piano supplendo a due funzioni specifiche: da un lato, sostituire il giudizio del tribunale in merito alla sua fattibilità economica; dall’altro, fornire un supporto informativo completo ai creditori affinché questi, edotti e consapevoli, possano esprimere il proprio voto rispetto alla proposta formulata loro.
Ne consegue che deve ritenersi carente e, dunque, inidonea ad assolvere alle sue funzioni, quella relazione particolareggiata che manchi di indagare la sostenibilità del piano e le ipotesi (compresa la loro verosimiglianza) su cui questa si basa e il cui avverarsi si propone ai creditori.
In tal senso si è espresso il Tribunale di Ferrara con provvedimento del 27 dicembre 2024.

Ai fini della verifica della fattibilità, particolare rilievo va attribuito alla condotta tenuta dal debitore, da verificarsi con riferimento alle cause che hanno determinato il sovraindebitamento, oltre che della diligenza impiegata nell’assumere le obbligazioni (art. 76 comma 2 lett. a) del DLgs. 14/2019); ulteriormente, devono considerarsi le ragioni che hanno determinato la sua incapacità ad adempiere (art. 76 comma 2 lett. b) del DLgs. 14/2019).

In merito, la Cassazione, con l’ordinanza 27 novembre 2024 n. 30538, si è espressa ritenendo che il comportamento passato assunto dal debitore rilevi in tutte le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, ivi incluso il concordato minore; diversamente non avrebbe senso richiedere al gestore, nella relazione particolareggiata, di indagare e riferire sul comportamento pregresso del debitore.

Spetta poi al giudice, proprio sulla base delle risultanze della relazione del gestore della crisi, procedere con una valutazione dei profili comportamentali del debitore e di come incidano sulla sostenibilità del piano.
Il giudizio di fattibilità, pertanto, non può non tener conto di come il debitore sia giunto alla condizione di sovraindebitamento: la sua condotta, infatti, consente di formulare un giudizio prognostico sulla sua affidabilità, da valutarsi per scriminare la sostenibilità del piano ovvero per verificare la sua idoneità ad assolvere concretamente alla sua funzione causale.

Ciò assume particolare rilievo soprattutto quando la proposta del debitore prevede la prosecuzione dell’attività imprenditoriale (c.d. concordato in continuità ex art. 74 comma 1 del DLgs. 14/2019), senza che sia prevista alcuna discontinuità strategica (es. una modifica della governance) e/o gestionale (es. la riduzione dei costi).
In tal caso, la condotta pregressa del debitore consente di comprendere le cause dell’indebitamento e le ragioni dell’incapacità ad adempiervi, evitando che la prosecuzione dell’attività imprenditoriale, sic et simpliciter, replichi le stesse inefficienze e, dunque, aggravi la situazione di crisi o di insolvenza.

La continuità, infatti, deve poter garantire, innanzitutto, che vi sia un’utilità per i creditori anteriori, mediante la generazione di flussi di cassa da destinare al loro soddisfacimento; congiuntamente, è necessario garantire che la prosecuzione dell’attività non generi perdite, assorbendo liquidità, poiché ciò comporterebbe non solo che la crisi resti irrisolta ma, ulteriormente, che si aggravi, contrariamente al principio inespresso della sostenibilità e della responsabilità sociale dell’impresa (Trib. Larino 15 dicembre 2024).

Ciò comporta che, oltre al beneficio per i creditori anteriori, la prosecuzione debba garantire anche il pagamento dei debiti di funzionamento, secondo le scadenze previste, non potendo ammettersi che si generino ulteriori perdite e debiti (Trib. Brescia 24 settembre 2024).
Il gestore della crisi, in ragione dei compiti assegnatigli (art. 76 comma 2 del DLgs. 14/2019), quindi, non può e non deve trascurare l’analisi della condotta del debitore e, conseguentemente, di come questa impatti sulla realizzabilità della proposta e sulla sua credibilità.

La pronuncia, inoltre, consolida l’orientamento secondo cui l’apporto di finanza esterna non può concretizzarsi in una mera dichiarazione unilaterale di pagamento da parte del terzo (Trib. Larino 15 dicembre 2024) dovendo, invece, risultare da atto scritto, previa preliminare verifica della solidità patrimoniale e della solvibilità di quest’ultimo.

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