ACCEDI
Sabato, 2 agosto 2025 - Aggiornato alle 6.00

FISCO

La cessione intracomunitaria può diventare un’esportazione indiretta

Il regime di non imponibilità IVA non viene meno se l’acquirente trasporta i beni fuori dall’Ue

/ Mirco GAZZERA

Sabato, 2 agosto 2025

x
STAMPA

download PDF download PDF

Una cessione di beni dichiarata inizialmente dal venditore come cessione intracomunitaria rappresenta un’esportazione indiretta se, all’insaputa di tale soggetto, il trasporto della merce è stato effettuato al di fuori del territorio dell’Unione europea per conto del cessionario e le autorità tributarie hanno accertato questa circostanza sulla base di documenti doganali. Ai fini IVA, pertanto, all’operazione deve comunque essere riconosciuto il regime di “esenzione” (rectius non imponibilità).
Si tratta di quanto sancito dalla Corte di Giustizia dell’Ue nella sentenza depositata ieri, 1° agosto 2025, in relazione alla causa C-602/24.

Il caso esaminato riguarda una società che aveva qualificato una fornitura di mele come cessione intracomunitaria di beni. Infatti, tali merci avrebbero dovuto essere trasportate dalla Polonia in Lituania, tramite vettori incaricati dall’acquirente. Tuttavia, quest’ultimo aveva esportato i beni direttamente dalla Polonia in Bielorussia, all’insaputa del cedente.
In assenza di un trasferimento dei beni verso il territorio di un altro Stato membro, quindi, l’Amministrazione finanziaria polacca aveva disconosciuto la natura intracomunitaria delle cessioni qualificandole come cessioni interne imponibili IVA. La società cedente sosteneva, invece, che le operazioni fossero da considerare esportazioni indirette e, pertanto, non scontassero comunque l’imposta.

L’art. 146 par. 1 lett. a) e b) della direttiva 2006/112/Ce prevede che gli Stati membri “esentano” le cessioni di beni spediti o trasportati dal venditore o per suo conto, oppure da un acquirente o per suo conto, fuori dall’Ue. Questa fattispecie di “esenzione” IVA garantisce che tali cessioni siano assoggettate a imposta nel luogo di destinazione, ossia in quello di consumo dei beni (cfr. Corte di Giustizia dell’Ue causa C-653/18).

Sulla base della giurisprudenza unionale consolidata, l’esportazione di un bene si perfeziona quando (cfr. Corte di Giustizia dell’Ue cause C-653/18 e C-656/19):
- il potere di disporre dello stesso come proprietario è stato trasmesso all’acquirente;
- il fornitore prova che il bene è stato spedito o trasportato al di fuori dell’Ue;
- il bene ha lasciato fisicamente il territorio unionale.
Nel caso di specie, il primo criterio è soddisfatto considerato che la società ha ceduto all’acquirente il diritto di disporre dei beni come proprietario.
In merito al secondo requisito, la Corte di Giustizia ha osservato che il trasporto dei beni al di fuori dell’Unione è stato provato, seppure la prova l’abbia ottenuta l’Amministrazione finanziaria polacca anziché il cedente. In simili circostanze, quindi, tale presupposto deve ritenersi comunque sussistente.
Per quanto concerne l’ultimo criterio, è pacifico che i beni abbiano lasciato fisicamente il territorio unionale a seguito del trasporto. Dunque, non essendoci stato consumo dei prodotti nell’Ue, si deve escludere che il fornitore abbia effettuato una cessione interna.

Ricorrendo tutti i presupposti sostanziali, i giudici hanno concluso che il principio di neutralità fiscale esige che il regime di “esenzione” (rectius non imponibilità) sia applicato anche se determinati requisiti formali non sono stati soddisfatti. D’altra parte, non sarebbe proporzionato negare la detassazione per il solo fatto che il soggetto passivo non dispone di documenti di esportazione corretti, nonostante l’Amministrazione finanziaria abbia la certezza che i beni sono stati esportati.

I requisiti formali non incidono sull’esenzione di regola

Sulla base della giurisprudenza unionale, infatti, esistono solo due fattispecie in cui l’inosservanza di un requisito formale può comportare la perdita del diritto alla “esenzione” IVA (Corte di Giustizia dell’Ue causa C-653/18):
- se la violazione ha come effetto d’impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali;
- se il soggetto passivo ha partecipato intenzionalmente a una frode fiscale che ha messo a repentaglio il funzionamento del sistema comune dell’IVA.
Nel caso in esame, tuttavia, le condizioni sostanziali della “esenzione” sono soddisfatte e l’Amministrazione finanziaria non ha constatato frodi o abusi da parte della società nella catena di cessioni.
D’altra parte, aggiunge la Corte di Giustizia, qualora tali condizioni sostanziali sussistano, non esiste, in via di principio, un rischio di evasione fiscale o di perdite fiscali che possa giustificare l’applicazione dell’IVA all’operazione (Corte di Giustizia dell’Ue causa C-656/19).

TORNA SU