Lo scarto della dichiarazione dovrebbe limitarsi all’irregolarità nelle comunicazioni
Gentile Redazione,
a proposito del disegno di legge citato nell’articolo “Non sanzionati gli intermediari che reinviano la dichiarazione con ritardo contenuto” del 6 agosto 2025 ho il sospetto che il legislatore, così come l’amministrazione finanziaria, confondano il ruolo dell’intermediario che invia le dichiarazioni con il ruolo del dichiarante.
L’articolo tratta del caso delle dichiarazioni scartate dall’Agenzia, il cui reinvio – in virtù di una prassi consolidata ma invero non prevista da alcuna norma – non è sanzionato se effettuato nei 5 giorni successivi.
Va però considerato che la dichiarazione dei redditi è un documento che viene firmato dal cliente. Perciò una eventuale modifica del contenuto dichiarativo presuppone una nuova sottoscrizione del cliente (e dell’organo di controllo). L’intermediario che reinviasse una dichiarazione dei redditi difforme da quella sottoscritta dal cliente commetterebbe un abuso ovviamente non ammissibile.
Ciò detto, occorre valutare caso per caso il motivo dello scarto.
Se esso fosse dipeso da difetti del file rispetto al contenuto dichiarativo, per quanto sarebbe improprio imputarne la responsabilità all’intermediario piuttosto che al fornitore del software, sarebbe effettivamente una responsabilità oggettiva dell’intermediario correggere l’errore e procedere al nuovo invio, senza nemmeno coinvolgere il cliente. Ci riferiamo in particolare alle difformità di cui ai commi 10 e 12 dell’art. 9 del DM 31 luglio 1998 (codici di autenticazione non riconosciuti, codice fiscale omesso, file non elaborabile perché non conforme alle specifiche tecniche, difetti nei “tipi di record” o valori incongruenti con la numericità del campo).
Ma se – come normalmente accade – lo scarto riguarda il contenuto della dichiarazione, essa deve essere modificata per poter essere reinviata. Il che presuppone una nuova sottoscrizione da parte del cliente, e di conseguenza un nuovo mandato per l’invio.
In tali casi, ovviamente, non può darsi una responsabilità dell’intermediario in quanto tale, avendo originariamente trasmesso una dichiarazione conforme a quella firmata dal cliente, ancorché non “piaciuta” all’Amministrazione.
Caso mai può paventarsi nel rapporto cliente - consulente una responsabilità professionale laddove il consulente non possa dimostrare che lo scarto non è dipeso da un suo errore, ad esempio esibendo il risultato del controllo formale preliminare precedente all’invio della dichiarazione.
L’occasione del disegno di legge è quella buona affinché nel testo di legge definitivo si faccia maggior chiarezza tra le responsabilità proprie dell’intermediario quale mero “postino” di un documento originariamente firmato dal cliente, quelle del cliente e quelle del professionista nel suo diverso ruolo di consulente nella predisposizione della dichiarazione.
Coglierei anche l’occasione per emendare il DM 31 luglio 1998 in modo tale da delimitare le ipotesi di scarto ai soli casi relativi al formato, alla leggibilità e alla riconducibilità della dichiarazione al contribuente (ovvero ai soli casi previsti ai commi 10 e 12 dell’art. 9 citato), escludendo che possano dar luogo a scarti le dichiarazioni il cui contenuto non piace all’Amministrazione.
In altre parole, l’invio delle dichiarazioni dei redditi attiene alle comunicazioni tra fisco e contribuente. Pertanto eventuali vizi o scarti devono essere limitati alle irregolarità nelle comunicazioni.
Diversamente, il controllo del contenuto delle dichiarazioni attiene alla fase di accertamento, che presuppone l’adozione di provvedimenti motivati ed impugnabili.
Non si devono mescolare i due piani, che perseguono finalità differenti.
Giampiero Guarnerio
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano
Vietata ogni riproduzione ed estrazione ex art. 70-quater della L. 633/41