Il preliminare con consegna anticipata non trasferisce la proprietà
Anche se il prezzo è stato integralmente pagato, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi
Il promissario acquirente di un bene immobile il quale, in virtù di un preliminare di compravendita, da un lato, anticipi in tutto o in parte il pagamento del prezzo e, dall’altro, ottenga l’immediata immissione nel godimento del bene per effetto dell’esecuzione anticipata della consegna della res da parte del promittente venditore, non può essere qualificato come possessore in grado di acquisirne la proprietà a titolo di usucapione. In questa ipotesi, il rapporto derivante tra le parti dovrà essere qualificato come comodato e, in quanto tale, soggetto alla relativa disciplina codicistica.
In tale caso, il promissario acquirente eserciterà sul bene una semplice detenzione nella consapevolezza del riconoscimento dell’altrui diritto di proprietà senza che possa, invece, riscontrarsi l’esercizio di un diritto reale sul bene corrispondente al diritto di proprietà.
Infatti, nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti obbligatori.
La relazione che si instaura tra la cosa e il promissario acquirente è qualificabile come detenzione qualificata e non come possesso utile ad usucapionem, salvo la dimostrazione di un’intervenuta interversio possessionis nei modi previsti dall’art. 1141 c.c. (Cass. SS.UU. 27 marzo 2008 n. 7930).
Ai principi esposti si è uniformata la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 12024 del 7 maggio 2025.
Nella vicenda in esame, essendo pendente una procedura esecutiva immobiliare a carico della società costruttrice, i promissari acquirenti avevano chiesto al giudice l’accertamento della proprietà su alcuni box auto da ciascuno di essi acquistato dalla società costruttrice con preliminare con consegna anticipata e, in subordine, comunque, per usucapione.
In questo contesto, chiedevano l’accertamento dell’impignorabilità dei box, anche in considerazione del vincolo di destinazione pubblicistico, derivante dall’art. art. 18 della L. 765/1967.
A seguito del rigetto delle domande nei giudizi di merito, i ricorrenti adivano la Cassazione.
In primo luogo, secondo la Suprema Corte, non sussisteva alcun vincolo di impignorabilità sul bene vincolato a parcheggio, posto che il vincolo di destinazione ex art. 18 della L. 765/1967 non priva né il proprietario dell’area stessa del diritto di disporne, né i suoi creditori di quello di sottoporla a esecuzione forzata, ma istituisce invece un diritto reale d’uso in favore del proprietario dell’unità immobiliare di riferimento, sullo spazio destinato a parcheggio.
Quanto agli altri aspetti, la Corte di Appello aveva correttamente confermato che le scritture intercorse tra i ricorrenti e la società costruttrice, anche se con scrittura privata, costituivano contratti preliminari di compravendita. Difatti, l’integrale versamento del corrispettivo pattuito prima della stipula del contratto definitivo di compravendita e la consegna anticipata della cosa compravenduta non privano il preliminare dei suoi effetti tipicamente obbligatori, poiché la previsione della traditio del bene e/o del pagamento, anche totale, del prezzo convenuto, non sono vicende assolutamente incompatibili con l’intento di stipulare un semplice preliminare di vendita, potendo le parti, con tali pattuizioni, manifestare null’altro che l’intento di anticipare le prestazioni del futuro contratto definitivo (Cass. 19 aprile 2000 n. 5132).
Quanto all’usucapione, invece, i giudici sostengono che quando l’accordo preliminare contenga, come nel caso di specie, una specifica pattuizione anticipatoria degli effetti del contratto definitivo, si configura un rapporto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare (produttivo di soli effetti obbligatori) e inidoneo a costituire una situazione di possesso utile ad usucapionem.
In tal caso, l’attività del soggetto che dispone della cosa non corrisponde all’esercizio di un diritto reale, non essendo svolta in opposizione al proprietario. Ne consegue che la detenzione di un bene immobile a titolo di comodato precario può mutare in possesso solamente all’esito di un atto d’interversione adatto a provare con il compimento di idonee attività materiali il possesso utile ad usucapionem in opposizione al proprietario concedente (Cass. 14 ottobre 2014, n. 21690).
In conclusione, contrariamente alla posizione dei ricorrenti, la Cassazione ha sottolineato che l’anticipata disponibilità del bene, il saldo dell’intero corrispettivo e l’uso del box per anni non costituiscono elementi idonei a comprovarne il possesso uti dominus; difatti, per potersi configurare la trasformazione dell’originaria detenzione in possesso occorre un atto di interversione che, nel caso concreto, i ricorrenti non aveva dimostrato di aver mai compiuto, non essendo pacificamente idoneo a tal fine il mero uso del cespite, ancorché prolungato, proprio in quanto tale facoltà corrisponde all’estrinsecazione dei diritti di godimento attribuiti dal proprietario del cespite al comodatario.
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