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ECONOMIA & SOCIETÀ

Possibile per i coniugi optare per un regime patrimoniale atipico

Il Notariato esamina la possibilità di una convenzione matrimoniale che preveda solo la comunione «de residuo», escludendo quella «immediata»

/ Cecilia PASQUALE

Lunedì, 25 agosto 2025

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Un recente Studio del Consiglio nazionale del Notariato (n. 4-2025/C) ha indagato l’interessante questione dell’ammissibilità di convenzioni matrimoniali atipiche e di regimi patrimoniali atipici che i coniugi decidano di creare in alternativa alla comunione legale.
I coniugi che non prevedono diversamente entrano in regime di comunione legale; tuttavia, essi possono optare per la separazione dei beni (art. 215 c.c.), che è una convenzione tipica o, ancora, modificare le regole che operano per la comunione legale, dando vita ad una comunione convenzionale (art. 210 c.c.).

Come esempio di convenzione matrimoniale che crea un regime patrimoniale atipico, lo Studio in commento prende in esame il caso in cui i coniugi si accordino perché tra loro operi soltanto la comunione de residuo e non anche quella “immediata”.

È opportuno ricordare che la comunione de residuo o “differita” è quella che si attiva quando si scioglie il matrimonio e ha ad oggetto: i frutti dei beni di ciascun coniuge (art. 177 lett. b) c.c.); i redditi e i proventi dell’attività separata (art. 177 lett. c) c.c.); nel caso di azienda appartenente a uno solo dei coniugi, i beni destinati all’esercizio dell’impresa costituita dopo il matrimonio e gli incrementi dell’impresa costituita anche precedentemente (art. 178 c.c.).
Vale la pena ricordare anche che: per i beni mobili non registrati rientranti nelle situazioni di cui all’art. 177 comma 1 lett. b) e c) c.c., la comunione differita opera come contitolarità reale del bene; per gli immobili e i mobili registrati opera come diritto di credito ad rem (il coniuge ha diritto a vedersi trasferita la metà di un bene); per le situazioni di cui all’art. 177 comma 2 c.c. e 178 c.c., la comunione differita si concretizza in un diritto di credito a un’entità contabile.

L’indagine dei notai muove dall’osservazione del fatto che la comunione legale è un regime distributivo della ricchezza solidaristico, che tuttavia sta “perdendo terreno” nella preferenza delle famiglie italiane perché limita l’autonomia dispositiva del singolo partner sui beni comuni e perché prevede un regime di responsabilità per le obbligazioni reciproche molto articolato. Per converso, il regime della separazione dei beni si presenta come molto poco “solidale” e, anzi, individualistico.

In questa prospettiva, un regime come quello della comunione solamente differita potrebbe soddisfare le esigenze dei coniugi di salvaguardia dell’autonomia gestionale delle proprie sostanze e di contestuale ridistribuzione della ricchezza.
In sostanza, tra i partner opererebbe la separazione dei beni ex art. 215 c.c. fino allo scioglimento del matrimonio, mitigata dal fatto che, allo scioglimento del vincolo, scatterebbero i diritti e i doveri riconducibili alla comunione differita.
In particolare, i coniugi potrebbero prevedere che la comunione differita operi seguendo il modello legale o, in alternativa, intervenire sul modello e scegliere tra l’uno o l’altro tipo di comunione differita che il legislatore prevede con riferimento ai diversi beni che entrano in comunione (contitolarità reale, diritto di credito ad rem, diritto di credito pecuniario).

L’autonomia dei partner incontrerebbe, peraltro, alcuni limiti.
Innanzitutto, sarebbe inammissibile una convenzione che faccia ricadere nella comunione differita i beni non consentiti dall’art. 210 c.c. (quelli di uso strettamente personale; quelli che servono all’esercizio della professione del coniuge; quelli ottenuti a titolo di risarcimento danno).
Sarebbe possibile, invece, includerli qualora la convenzione sia costruita come puro diritto di credito sugli incrementi patrimoniali ottenuti dai coniugi. In questo caso, infatti, non si avrebbe una contitolarità di beni. In questa ipotesi, inoltre, i beni rileverebbero solo ai fini della valutazione complessiva del patrimonio di ciascun coniuge, senza che si instauri una comunione.

Ancora, questo regime atipico incontrerebbe il limite della natura dei beni e dei vincoli al loro trasferimento: ad esempio, le parti non possono superare le norme in materia di circolazione dei beni immobili o mobili registrati, per cui per tali beni non è possibile prevedere una loro caduta in comunione de residuo automatica, in spregio alle esigenze di sicurezza dei traffici giuridici e alle norme in materia di pubblicità.

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