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La base imponibile IVA della permuta non guarda più al valore normale

Il legislatore interviene per uniformare la disciplina italiana alla direttiva IVA a partire dal 2026

/ Mirco GAZZERA

Venerdì, 7 novembre 2025

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Il Ddl. di bilancio per il 2026 prevede, fra l’altro, la modifica del criterio di determinazione della base imponibile IVA per le operazioni permutative e le dazioni in pagamento. In sintesi, non si dovrà più fare riferimento al valore normale dei beni e dei servizi, ma all’ammontare complessivo di tutti i costi riferibili agli stessi. L’intervento legislativo è finalizzato a conformare la normativa interna alla direttiva 2006/112/Ce in materia di IVA, come interpretata dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea.

Ai sensi dell’art. 13 del DPR 633/72, la base imponibile IVA di un’operazione è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali, compresi:
- gli oneri e le spese inerenti all’esecuzione (sono escluse, però, le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, regolarmente documentate, ex art. 15 comma 1 n. 3 del DPR 633/72);
- i debiti o gli altri oneri verso terzi accollati al cessionario o committente.
Tale importo deve essere aumentato delle integrazioni direttamente connesse con i corrispettivi dovuti da altri soggetti (es. sovvenzioni).

Il comma 2 del predetto art. 13 individua alcune operazioni per le quali sono previste modalità particolari di determinazione della base imponibile IVA. Fra queste rientrano anche le seguenti fattispecie di cui all’art. 11 del DPR 633/72:
- operazioni permutative, ossia le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi;
- dazioni in pagamento, ove è ceduto un bene o prestato un servizio per estinguere un’originaria obbligazione pecuniaria.

Nella formulazione attualmente in vigore, l’art. 13 comma 2 lett. d) del DPR 633/72 prevede che, per determinare la base imponibile IVA di queste operazioni, i corrispettivi sono rappresentati “dal valore normale dei beni e dei servizi che formano oggetto di ciascuna di esse”.

Ai sensi dell’art. 14 comma 1 del DPR 633/72, per valore normale si intende l’intero importo che il cessionario o committente dovrebbe pagare per ottenere i beni o i servizi in questione:
- al medesimo stadio di commercializzazione di quello in cui avviene l’operazione;
- in condizioni di libera concorrenza e fra parti indipendenti;
- nel tempo e nel luogo in cui è effettuata l’operazione.

Come osservato nella Relazione illustrativa al Ddl. di bilancio per il 2026, il riferimento normativo al valore normale non risulta del tutto aderente alla direttiva 2006/112/Ce, interpretata dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
Infatti, il criterio del valore normale può essere applicato solamente quando ricorrono le condizioni tassative previste dall’art. 80 della direttiva 2006/112/Ce, ossia per le operazioni verso beneficiari in rapporto ai quali esistano legami familiari o altri stretti vincoli di natura personale, vincoli gestionali, di proprietà, di associazione, finanziari oppure giuridici (ex multis, Corte di Giustizia Ue, causa C-549/11).

Per una fornitura di beni effettuata a fronte di un servizio ricevuto, invece, i giudici unionali hanno sancito che il controvalore da assumere come base imponibile IVA deve essere un valore soggettivo, ossia “quello che il beneficiario della prestazione di servizi (…) attribuisce ai servizi che esso intende procurarsi e deve corrispondere alla somma che esso è disposto a pagare a tal fine. Trattandosi (…) della fornitura di un bene, tale valore può essere soltanto il prezzo d’acquisto che il fornitore ha versato per l’articolo che egli dà a titolo gratuito come corrispettivo dei servizi (…)” (Corte di Giustizia Ue, causa C-33/93, punto 19).

In una sentenza successiva è stato precisato, inoltre, che “fanno parte del valore della prestazione di servizi tutte le spese sostenute dal beneficiario per l’ottenimento della prestazione (…), ivi comprese le spese per le prestazioni accessorie connesse alla fornitura dei beni” (Corte di Giustizia Ue, causa C-380/99, punto 24).

Il nuovo criterio si basa sui costi sostenuti

Per allineare la disposizione interna alla normativa unionale, quindi, il Ddl. di bilancio per il 2026 prevede che i corrispettivi delle operazioni permutative e delle dazioni in pagamento di cui all’art. 11 del DPR 633/72 siano rappresentati “dal valore dei beni e dei servizi che formano oggetto di ciascuna di esse, determinato dall’ammontare complessivo di tutti i costi riferibili a tali cessioni o prestazioni”. Si passa, dunque, dal valore normale a un criterio soggettivo che impone un’attenta analisi dei costi delle operazioni interessate.

La modifica apportata all’art. 13 comma 2 lett. d) del DPR 633/72 si applicherà per le operazioni effettuate successivamente alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2026, dunque, a decorrere dal prossimo 1° gennaio. Sono comunque fatti salvi i comportamenti pregressi adottati prima di tale giorno.

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