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FISCO

L’Agenzia sdogana la sostitutiva sui redditi da liquidazione di società estera

Per i titolari di pensione estera, si applica il regime agevolato previsto dall’art. 24-ter del TUIR

/ Luisa CORSO e Gianluca ODETTO

Sabato, 22 novembre 2025

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Il reddito derivante dalla liquidazione di una società estera costituisce un reddito di capitale prodotto all’estero e, come tale, rientra nell’ambito di applicazione dell’imposizione sostitutiva di cui all’art. 24-ter del TUIR per i titolari di pensione di fonte estera che trasferiscono la residenza in Italia.
È questo il chiarimento contenuto nella risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 292 di ieri.

Il caso riguarda una persona residente in Francia fino al 2025 che, a partire dal 2026, intende trasferire la propria residenza in un Comune del Mezzogiorno d’Italia, procedendo altresì alla messa in liquidazione delle società estere di diritto francese e lussemburghese da lui partecipate e/o controllate attraverso le quali esercitava la propria attività all’estero. Le società non detenevano beni immobiliari in Italia né partecipazioni in società italiane, né distribuivano redditi di fonte italiana.

La questione riguarda la possibilità di fruire del regime di imposizione sostitutiva del 7% in relazione all’eventuale avanzo di liquidazione distribuito a seguito dello scioglimento delle suddette società.

In primo luogo va ricordato che, a norma dell’art. 24-ter del TUIR, il regime agevolato si applica ai redditi di qualunque categoria “prodotti all’estero”, individuati secondo i criteri di cui all’art. 165 comma 2 del TUIR, ovvero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’art. 23 del TUIR per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato dai non residenti.
I redditi derivanti dalla liquidazione di una società, determinati a norma dell’art. 47 comma 7 del TUIR come eccedenza delle somme percepite rispetto al prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate, rappresentano redditi di capitale.

Sulla base della lettura “a specchio” del principio individuato dall’art. 23 comma 1 lett. b) del TUIR per cui si considerano prodotti in Italia i redditi di capitale corrisposti da soggetti residenti, si considerano invece di fonte estera i redditi di capitale corrisposti da soggetti residenti all’estero. Ne consegue che, in presenza delle altre condizioni di legge, tali redditi rientrano nell’ambito applicativo del regime agevolato in parola.
Le conclusioni dell’Agenzia delle Entrate sono in linea con quelle fornite nella risposta n. 766/2021 in relazione ai dividendi distribuiti da soggetti non residenti, inclusi tra i redditi esteri rispetto ai quali l’imposta sostitutiva esaurisce il prelievo.

La risposta n. 292/2025, corretta a livello sistematico, rappresenta il primo intervento su una casistica in cui, a quanto consta, i contribuenti hanno da sempre assunto un approccio di prudenza, posto che molti dei regimi agevolati prevedono un’imposizione sostitutiva dell’IRPEF dopo il trasferimento della residenza fiscale in Italia ma non lo condizionano al mantenimento della stessa per un determinato arco temporale (il problema, in altre parole, riguarda le casistiche nelle quali l’interessato, dopo il trasferimento in Italia e la liquidazione delle società estere, si ritrasferisca all’estero).

Ciò riguarda sia il regime di imposizione sostitutiva per i titolari di pensione estera in esame (art. 24-ter del TUIR), sia soprattutto il regime di imposizione forfetaria, pari a 200.000 euro, per i neo residenti (art. 24-bis del TUIR). Entrambi sono volti ad agevolare i redditi di fonte estera delle persone che si trasferiscono in Italia nell’ottica tipica di flussi di redditi più o meno regolari nel tempo; a eccezione di alcune ipotesi specifiche, non sono invece previsti presidi di legge volti a evitare un utilizzo distorto dell’agevolazione, salvo la disciplina anti abuso generale.

In verità, un limite alla fruizione indebita dei benefici è previsto nell’ambito del regime dei neo residenti di cui all’art. 24-bis del TUIR, in virtù del quale l’imposta sostitutiva non “copre” le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate (art. 67 comma 1 lett. c) del TUIR), realizzate nei primi cinque periodi d’imposta di validità dell’opzione, le quali rimangono quindi soggette al regime ordinario di imposizione di cui all’art. 68 comma 3 del TUIR.
La logica sottostante è quella per cui, in linea di principio, tali redditi non sono assoggettati a tassazione nell’altro Stato, nella misura in cui la Convenzione con questo Stato riservi all’Italia (nuovo Stato di residenza) la tassazione esclusiva del capital gain.

Analoga previsione non è replicata in relazione ai redditi di capitale (come quelli che conseguono alla liquidazione), posto che la maggior parte delle Convenzioni prevede comunque un’imposizione in uscita nell’altro Stato; non sarebbero però da escludere a priori tax planning aggressivi, tesi a sfruttare combinazioni di aliquote convenzionali basse e imposta forfetaria italiana, a fronte di redditi da liquidazione molto elevati.

Al di fuori di queste ipotesi patologiche, i contenuti della risposta n. 292/2025 rimangono fermi, con il pieno riconoscimento dell’imposizione sostitutiva per i trasferimenti di residenza genuini.

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