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Necessario il file «.eml» per la ricevuta di spedizione del ricorso

La conferma arriva dalla Cassazione; solo tale formato consente la verifica di cosa e quando è stato notificato

/ Rebecca AMATO

Mercoledì, 17 dicembre 2025

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Ai fini della dimostrazione della notifica del ricorso occorre depositare le ricevute di accettazione e di consegna in formato “.eml”, diversamente il ricorso in primo grado o in appello è inammissibile.
A questa conclusione è giunta la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 32316 dell’11 dicembre 2025, secondo cui solo la PEC di consegna nel formato “.msg” o “.eml” consente di verificare “che cosa e quando è stato depositato”.

Il tema è quello della prova della notifica mediante PEC degli atti processuali (ricorso introduttivo o ricorso in appello) che il ricorrente deve fornire in sede di costituzione in giudizio sul SIGIT a pena di inammissibilità del ricorso rilevabile d’ufficio ex art. 22 comma 3 del DLgs. 546/92.

Con la telematizzazione del processo tributario, infatti, la notifica del ricorso avviene per PEC, che è provata dal sistema di gestione della casella che genera due ricevute: quella di accettazione, che attesta la presa in carico del messaggio rilasciata dal gestore PEC del mittente, e quella di consegna, che attesta la consegna del messaggio, rilasciata dal gestore PEC del destinatario.
Il perfezionamento si ha quando viene generata la ricevuta di consegna (art. 5 comma 2 del DM 163/2013) che contiene il messaggio PEC, ovvero anche il ricorso notificato.

Sul punto varie corti di merito hanno sostenuto che il deposito delle ricevute in “pdf” e non in “.eml” rende inammissibile il ricorso (cfr. C.G.T. I° Catanzaro 11 settembre 2024 n. 1821/4/24, C.G.T. II° Roma 12 settembre 2024 n. 5575/11/24).

Detta tesi pare ora trovare l’avallo anche della Cassazione, che si è pronunciata in ordine a un ricorso in appello, enunciando il principio di diritto per cui “ogni qual volta sia in contestazione la tempestività del deposito di un atto, non è sufficiente allegare la PEC di esito controlli, ma è necessario produrre (nel formato .msg o .eml) la PEC di consegna, in quanto solo l’esame di questa consente di verificare che cosa e quando è stato depositato”.
Ciò, spiegano i giudici di legittimità, è giustificato dal fatto che “soltanto la PEC con ricevuta di avvenuta consegna – che viene rilasciata dal gestore del Ministero nel momento in cui il messaggio contenente la busta telematica è ricevuto nella casella PEC di detto Ministero – contiene il messaggio di invio con la relativa busta allegata”.

Vero è che solo il file “.eml” garantisce la verifica dell’effettiva presenza dell’atto notificato e rende certezza sul quando l’atto è stato notificato, però, a ben vedere, la pronuncia sostiene la necessità dell’allegazione del file “eml” “ogni qual volta sia in contestazione la tempestività del deposito di un atto”.
Sicché, a essere rigorosi, si potrebbe per contro sostenere che ove non sia in contestazione la tempestività del ricorso la produzione del file “pdf” delle ricevute di consegna e accettazione non determini l’inammissibilità dello stesso.

Precedenti conformi in sede di merito

Si osservi che, in verità, la stessa Cassazione di recente e incidentalmente, con la pronuncia n. 28297 del 24 ottobre 2025, ha sostenuto che il deposito del file in formato “.eml” o “.msg” è necessario al fine della prova dell’avvenuta notificazione telematica degli atti introduttivi del giudizio, ma non anche al fine della decorrenza del termine breve di impugnazione. Esso, infatti, presuppone la prova dell’avvenuta notifica in modalità telematica della sentenza che può essere data mediante il deposito delle ricevute di accettazione e consegna della PEC in formato “pdf” corredate di attestazione di conformità agli originali informatici.

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