ACCEDI
Mercoledì, 17 dicembre 2025 - Aggiornato alle 6.00

FISCO

Il Fisco non dovrebbe applicare sanzioni sui crediti compensabili solo in futuro

Gli sviluppi di un recente caso di cronaca evidenziano problematiche nell’operatività degli uffici locali

/ Enrico ZANETTI e Arianna ZENI

Mercoledì, 17 dicembre 2025

x
STAMPA

download PDF download PDF

Mentre si moltiplicano i casi di verifiche nei confronti di imprese edili che hanno operato, oltre che da imprese appaltatrici per il realizzo delle opere, anche da “general contractor superbonus” per il coordinamento dei professionisti e per l’applicazione dello sconto sul corrispettivo, sulla base di sorprendenti logiche di “riqualificazione” totale o parziale del “margine dell’appalto” in “margine del general”, di cui avevamo dato conto su Eutekne.info (si veda “Contestazioni fuorigioco sul margine del general contractor superbonus” del 7 luglio 2025), si apprende dagli organi di stampa che, in relazione a una vicenda già assurta agli onori delle cronache nazionali, quella di un’azienda trevigiana (attualmente in stato di fallimento), i locali uffici dell’Agenzia delle Entrate hanno emesso una prima “raffica” di atti di recupero di crediti d’imposta inesistenti nei confronti dei beneficiari della detrazione “ecobonus” che avevano optato, ai sensi dell’art. 121 del DL 34/2020, per la sua fruizione mediante sconto sul corrispettivo applicato loro in fattura dalla predetta società.

La questione riveste notevole interesse, perché si tratta di uno dei primissimi casi (se non il primo in assoluto) per i quali si è già arrivati a questa fase procedimentale. Nell’articolo di ieri de La Tribuna di Treviso, che ne parla, viene anche riportata la foto della parte di riepilogo di uno di questi atti di recupero, da cui emerge l’invito a corrispondere il credito d’imposta oggetto di recupero, in quanto inesistente, per 7.000 euro, oltre a interessi e sanzioni applicate nella misura del 100% ex art. 13 comma 5 del DLgs. 471/97.

Non è ovviamente in discussione il fatto che, se i crediti d’imposta, derivanti dall’opzione di sconto sul corrispettivo esercitata dal beneficiario, sono inesistenti, perché le spese su cui lo sconto è stato applicato non erano in realtà detraibili, l’atto di recupero possa essere emesso, con corredo di interessi e sanzioni, nei confronti del beneficiario.

Il disposto del comma 5 dell’art. 121 del DL 34/2020 è a dir poco chiarissimo sul punto, nonostante sia evidente come moltissimi committenti di lavori superbonus abbiano in questi anni esercitato opzioni per lo sconto sul corrispettivo in fattura senza avere adeguata consapevolezza che, norme alla mano, i primi responsabili verso l’Erario di quel che veniva fatto erano proprio loro, esattamente come lo sono quando scomputano in dichiarazione dei redditi detrazioni che risultano non spettanti. Così come non è in discussione il fatto che, sulla base di quanto affermato dalla risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 440/2023, gli uffici locali ritengano che le sanzioni di cui all’art. 13 del DLgs. 471/97, che sono tenuti ad applicare, siano non già quelle per omessi versamenti diretti, bensì quelle per utilizzo in compensazione di crediti, a seconda dei casi, non spettanti o inesistenti, le quali, nel caso di crediti inesistenti e di violazioni commesse prima dell’ultima riforma, vanno dal 100% al 200% dell’importo del credito inesistente.

Ciò che lascia a dir poco perplessi è che gli uffici ritengano di poter applicare detta sanzione sull’intero ammontare del credito d’imposta, ivi compresa quella parte di cui, alla data della contestazione, è certo e incontrovertibile che non è ancora avvenuto l’utilizzo in compensazione da parte del fornitore o dei suoi eventuali cessionari, per il semplice fatto che corrisponde alle rate annuali del credito d’imposta il cui utilizzo in compensazione può avvenire solo nel 2026 o in annualità successive.

Questo modus operandi appare in verità connotato da una ingiustificata aggressività nei confronti dei beneficiari delle detrazioni, oltre che assai poco in linea con la già richiamata risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate 440/2023, la quale afferma assai chiaramente come “la violazione si configura solo nel momento in cui il credito ceduto è indebitamente utilizzato in compensazione da parte del cessionario, e cioè quando si concretizza il danno erariale”.

Anche tralasciando il fatto che pure le rate annuali già potenzialmente utilizzabili potrebbero non esserlo state in concreto, perché sequestrate dalla procura, oppure perché rimaste inutilizzate dalle banche acquirenti dopo aver avuto formale notizia da parte dell’Agenzia delle Entrate della ritenuta inesistenza dei crediti da essi acquistati presso il fornitore, quanto meno sulle rate annuali il cui utilizzo è solo futuribile al momento della notifica dell’avviso di recupero al beneficiario della detrazione, sarebbe d’uopo che gli uffici dell’Agenzia delle Entrate non applicassero sanzioni su una violazione che, secondo la loro stessa prassi ufficiale, ancora non si è consumata.

Urgono, sulle sanzioni, ma non solo, linee guida che aiutino gli uffici periferici dell’Agenzia delle Entrate a fare il loro non facile lavoro su una materia che è estremamente complessa e che corre il rischio di creare situazioni in cui si recuperano a tappeto con tanto di sanzioni importi che poi nessun cessionario avrà concretamente utilizzato, in assenza di idonee garanzie sulle conseguenze cui potrebbe andare incontro nel caso in cui i beneficiari (e/o il fornitore) non restituiscano quel che viene loro richiesto.

TORNA SU