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LAVORO & PREVIDENZA

La causale di cessazione per dimissioni per fatti concludenti preclude la NASpI

Una circolare INPS specifica i riflessi del comma 7-bis dell’art. 26 del DLgs. 151/2015 sul diritto all’indennità di disoccupazione

/ Giada GIANOLA

Martedì, 23 dicembre 2025

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L’INPS, con la circolare n. 154 di ieri, torna a occuparsi delle c.d. dimissioni di fatto disciplinate dal comma 7-bis dell’art. 26 del DLgs. 151/2015, su cui, ultimamente, si sono registrate diverse pronunce di merito che hanno fornito interpretazioni applicative talvolta discordanti.

Con tale circolare si specificano, più in dettaglio, i riflessi sul diritto all’indennità di disoccupazione NASpI, rispetto alla quale l’Istituto aveva già fornito delle prime istruzioni chiarendo l’insussistenza dell’obbligo di versamento del c.d. ticket licenziamento di cui all’art. 2 comma 31 della L. 92/2012 da parte del datore di lavoro (si rinvia a “Ticket licenziamento non dovuto per il rapporto risolto per assenza ingiustificata” del 21 febbraio 2025).

Si ricorda quindi che il comma 7-bis, introdotto dall’art. 19 della L. 203/2024 (c.d. “collegato lavoro”), dispone che in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a 15 giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del Lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima. Il rapporto di lavoro, in tali ipotesi, si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica quanto previsto dall’art. 26 del DLgs. 151/2015, salvo che il lavoratore dimostri l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza.

Con il messaggio n. 639/2025 l’INPS ha già avuto modo di precisare che per effetto della risoluzione del rapporto di lavoro disciplinata dal citato comma 7-bis, il lavoratore non può accedere alla prestazione di disoccupazione NASpI, in quanto la fattispecie non rientra nelle ipotesi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro come richiesto dall’art. 3 del DLgs. 22/2015 (cfr. circ. INPS n. 94/2015), e che nel caso in cui si tratti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, il datore di lavoro non è tenuto al versamento del ticket di licenziamento, proprio perché tale cessazione del rapporto di lavoro non fa sorgere in capo al lavoratore il teorico diritto alla NASpI.

Con la circolare di ieri l’INPS, nel richiamare la prassi in materia del Ministero e dell’Ispettorato del Lavoro, ha ricordato che l’avvio della procedura di risoluzione per fatti concludenti non è obbligatoria, ma costituisce una facoltà del datore di lavoro. L’effetto risolutivo del rapporto, infatti, non si verifica automaticamente per effetto dell’assenza ingiustificata del lavoratore, ma solo nel caso in cui il datore di lavoro decida di “ricondurre un effetto risolutivo al comportamento del lavoratore consistente in una assenza ingiustificata, prolungata per un certo periodo di tempo” (cfr. circ. Min. Lavoro n. 6/2025). La comunicazione all’Ispettorato deve, infatti, essere inviata solo nel caso in cui il datore di lavoro intenda far valere l’assenza ingiustificata del lavoratore ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro (cfr. nota INL n. 579/2025).

Con la circ. n. 154 di ieri, quindi, si precisa che, in considerazione dell’istituzione per la nuova ipotesi di risoluzione del rapporto lavorativo in esame del nuovo codice cessazione “FC - dimissioni per fatti concludenti”, in caso di cessazione del rapporto di lavoro denunciata mediante UniLav con tale causale risulta precluso per il lavoratore l’accesso alla prestazione di disoccupazione NASpI.

Se, invece, la causale di cessazione del rapporto di lavoro è per licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, anche riconducibili a un’assenza ingiustificata del lavoratore protratta nel tempo, in applicazione delle specifiche disposizioni contenute nel contratto collettivo applicato di natura disciplinare, il lavoratore può accedere alla NASpI se in possesso di tutti i requisiti previsti dalla legge.

L’INPS, infine, chiarisce che se successivamente all’avvio da parte del datore di lavoro della procedura di cessazione per fatti concludenti il lavoratore rassegna le proprie dimissioni, anche per giusta causa, le dimissioni presentate dal lavoratore prevalgono sulla procedura di cessazione per fatti concludenti, e che in caso di dimissioni per giusta causa l’assicurato può accedere alla NASpI a condizione che assolva, altresì, all’onere probatorio di cui alla circ. INPS n. 163/2003 e che soddisfi i requisiti legislativamente previsti per il riconoscimento di tale indennità.

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