Tassazione per enunciazione solo se è indicata la base imponibile dell’atto enunciato
Il quantum su cui applicare l’imposta di registro non può essere ricercato al di fuori dell’atto enunciante
La liquidazione dell’atto per enunciazione, stabilita dall’art. 22 comma 1 del DPR 131/1986, postula che l’atto enunciato sia identificato, in termini autosufficienti, nei suoi presupposti soggettivi e oggettivi, e anche con riferimento all’entità economica dell’operazione ai fini della determinazione della base imponibile, dovendosi, altrimenti, procedere ad accertamento, qualora la tassazione dell’atto richieda verifiche di natura extratestuali, ove ne ricorrano i presupposti.
È questo il principio di diritto enucleato dalla Cassazione con l’ordinanza n. 33400 del 21 dicembre 2025.
Nel caso di specie veniva in rilievo un atto di cessione di crediti fiscali recante l’enunciazione di un finanziamento infruttifero erogato in favore della società cedente: nell’atto enunciante si affermava, in particolare, che i crediti verso l’Erario erano ceduti a parziale rimborso dal finanziamento a suo tempo concesso dalla cessionaria alla cedente. Nulla veniva, però, precisato in relazione all’ammontare degli importi erogati.
A fronte della suddetta enunciazione, l’Agenzia delle Entrate notificava alla società contribuente un avviso di liquidazione dell’imposta di registro nella misura proporzionale del 3%, applicata su una base imponibile (ossia, il quantum del finanziamento infruttifero enunciato) acquisita ab externo, vale a dire tramite ricerche eseguite dall’Ufficio attraverso l’interlocuzione avuta con il notaio rogante.
La contribuente impugnava con successo l’avviso di liquidazione in primo grado, ma la Commissione tributaria regionale riformava la decisione, omettendo di pronunciarsi, per quanto qui di interesse, sull’eccezione della contribuente concernente l’assenza, nell’atto enunciante (cessione del credito), di tutti gli elementi del finanziamento (atto enunciato), necessari per la tassazione del negozio ai sensi dell’art. 22 comma 1 del DPR 131/1986 e, segnatamente, dell’indicazione dell’ammontare dell’importo finanziato.
La Suprema Corte, adita per la cassazione della sentenza di gravame, ha accolto i motivi di censura formulati dalla ricorrente in ordine alla violazione e falsa applicazione dell’art. 22 comma 1 del DPR 131/1986, con un percorso argomentativo prevalentemente incentrato sulla necessità di stabilire se la tassazione per enunciazione può operare anche quando l’atto enunciante non indica la base imponibile dell’atto enunciato. Nel rispondere negativamente al quesito prospettato, l’ordinanza n. 33400/2025 ripercorre i principi di diritto via via affermati dalla giurisprudenza in ordine ai presupposti di applicabilità del registro sugli atti enunciati ai sensi dell’art. 22 comma 1 del DPR 131/1986.
A tal proposito, viene richiamata, tra le altre, la sentenza n. 14432/2023, nella quale le Sezioni unite della Cassazione hanno ribadito che l’art. 22 del DPR 131/1986 pone tre presupposti per la sua operatività ossia l’autonomia giuridica oggettuale dell’enunciazione, l’identità delle parti dell’atto enunciante e dell’atto enunciato e la permanenza degli effetti di quest’ultimo.
Vengono, ancora, menzionati:
- l’indirizzo secondo cui, per potersi configurare l’enunciazione, è necessario che nell’atto sottoposto a registrazione vi sia espresso richiamo al negozio posto in essere, sia che si tratti di atto scritto o di contratto verbale, con specifica menzione di tutti gli elementi costitutivi di esso che servono a identificarne la natura e il contenuto in modo tale che lo stesso potrebbe essere registrato come atto a sé stante, essendo sempre necessario che le circostanze enunciate siano idonee di per sé stesse, e quindi senza necessità di ricorrere ad elementi non contenuti nell’atto, a dare certezza di quel rapporto giuridico (ex multis, Cass. n. 25706/2020);
- e quello (che meglio si attaglia alla fattispecie vagliata) in base al quale, per farsi luogo alla tassazione dell’enunciazione, essa deve avere una consistenza tale da consentire un esatto riferimento all’oggetto dell’atto enunciato nonché alla sua base imponibile, in modo da consentire l’esplicazione della potestà impositiva da parte dell’amministrazione finanziaria (Cass. n. 11118/2022).
Alla luce dei precedenti sopra illustrati, l’ordinanza n. 33400/2025 giunge a includere tra i necessari presupposti di operatività della tassazione per enunciazione ex art. 22 comma 1 del DPR 131/1986 anche la circostanza che l’atto enunciante rechi l’esatta quantificazione della base imponibile per il calcolo dell’imposta di registro dovuta sull’atto enunciato.
Infine, premesso che la tassazione per enunciazione si pone come misura di contrasto all’elusione, la Cassazione esclude che la mancata indicazione dell’entità economica dell’atto enunciato possa costituire un escamotage per eludere la tassazione: “se l’atto menzionato è registrabile”, osserva la Corte, “allora, in caso di omissione, vi provvederà l’Ufficio ai sensi dell’art. 15 del DPR n. 131/1986 (e non in base all’art. 22 del medesimo DPR, ove l’enunciazione non sia autosufficiente), esercitando i relativi poteri, mentre, in caso contrario, non si pone un problema di registrazione e quindi di tassazione”.
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