Per i reati in materia di IVA contano solo i costi effettivamente documentati
Ai fini della configurabilità dei reati in materia di IVA, la determinazione della base imponibile, e della relativa imposta evasa, deve avvenire solo sulla base dei costi effettivamente documentati, non rilevando l’eventuale sussistenza di costi non documentati, mentre è possibile tenere conto di questi ultimi nelle ipotesi di reati concernenti le imposte dirette.
La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 9983 depositata ieri, ha confermato tale principio già espresso in giurisprudenza (cfr. Cass. n. 53980/2018).
In un procedimento in cui il legale rappresentante di una srl era stato condannato per il delitto di omessa dichiarazione ai sensi dell’art. 5 del DLgs. 74/2000, i giudici di legittimità ribadiscono che, ai fini IVA, possono essere considerate solamente le somme desumibili dalle fatture passive rinvenute, mentre non sussiste alcun obbligo a carico dell’Amministrazione finanziaria di ricercarle presso gli emittenti.
Viene così respinta la tesi difensiva che, invece, contestava la determinazione della base imponibile e dell’imposta evasa che ne deriva, lamentando la mancata considerazione di tutti i costi risultanti dalla contabilità, la cui effettività avrebbe potuto essere accertata mediante controlli incrociati in ambito IVA (cioè, anche se ciò non è stato chiaramente esposto, nei confronti degli emittenti le fatture passive annotate nella contabilità dell’impresa amministrata dal ricorrente ma non rinvenute).
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