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FISCO

Lo schermo della personalità giuridica non neutralizza la presunzione di utili extrabilancio

Presunzione valida anche se la società è partecipata da altre società

/ Alice BOANO

Martedì, 10 giugno 2025

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L’operatività della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili opera a prescindere dalla natura dell’accertamento e dalla forma giuridica dei soci, a nulla rilevando che la società accertata sia, a sua volta, partecipata da altre società. L’ordinanza n. 15274 depositata ieri, 9 giugno 2025, pur non innovando il quadro giurisprudenziale, conferma la validità di un principio già affermato in passate occasioni.

A livello generale occorre innanzitutto premettere che la presunzione si fonda su un vincolo di solidarietà e reciproco controllo tra i partecipi, che deriva tipicamente dalla esiguità numerica e spesso anche da legami familiari tra gli stessi. Tutto ciò consente di ipotizzare una compartecipazione consapevole degli utili occulti, salvo prova contraria fornita dal contribuente.

Il fondamento risiede infatti nel vincolo di complicità che normalmente avvince i membri di una ristretta compagine sociale, specie se appartenenti ad una stessa famiglia (per tutte, Cass. 17 ottobre 2005 n. 20078, Cass. 29 luglio 2016 n. 15824).

Il numero di soci può essere molto esiguo (con due soci in C.T. Reg. Milano 24 luglio 2017 n. 3327/1/17, quattro soci in Cass. 17 novembre 2006 n. 24491) e, secondo la giurisprudenza, gli stessi non devono necessariamente essere persone fisiche.

Nel caso di specie la ricorrente, una società di capitali, è partecipata da due società, una sas per il 50,50% delle quote e una srl per il restante 49,50%. Quest’ultima a sua volta è partecipata dalla prima per il 95,76% e, per il resto, da membri della medesima famiglia.

La giurisprudenza ha chiarito che la ristrettezza della compagine può esistere anche in presenza di soci persone giuridiche. Conta la sostanza e non la forma: ciò che rileva è l’effettivo controllo esercitato da pochi soggetti, anche tramite schermi societari (Cass. 23 ottobre 2019 n. 27049, Cass. 18 luglio 2023 n. 20840).

La presunzione non viene infatti neutralizzata dallo schermo della personalità giuridica, ma estende la sua efficacia a tutti i gradi di organizzazione societaria per i quali si riscontri la ristrettezza della compagine sociale, operando il principio generale del divieto dell’abuso del diritto, che trova fondamento nei principi costituzionali di capacità contributiva e di eguaglianza, nonché nella tendenza all’oggettivazione del diritto commerciale ed all’attribuzione di rilevanza giuridica all’impresa, indipendentemente dalla forma giuridica assunta dal suo titolare.

Il principio appena affermato non si pone in contrasto con il divieto di presunzioni di secondo grado, “allorquando il fatto noto è dato dalla ristrettezza dell’assetto societario che implica un reciproco controllo dei soci nella gestione sociale con conseguente vincolo di solidarietà”.

Confermato un orientamento in via di consolidamento

La verifica della ristrettezza della base sociale è una valutazione empirica rimessa al giudice di merito (Cass. 8 ottobre 2010 n. 20870), il quale deve considerare tutti gli elementi sostanziali, a prescindere dalle forme giuridiche adottate. La valutazione va condotta secondo criteri sostanziali e non meramente formali, poiché ciò che conta è la sostanza del fenomeno economico sottostante alle forme giuridiche e, dunque, stabilire se tali società, siano di persone o di capitali, sono o meno un mero schermo rispetto alle persone fisiche, valido civilisticamente ma non opponibile al fisco.

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