ACCEDI
Lunedì, 7 luglio 2025 - Aggiornato alle 6.00

FISCO

Riporto delle perdite nelle fusioni senza sterilizzare le svalutazioni di partecipazioni

In una circolare del Consorzio Studi del Gruppo Intesa Sanpaolo ampio spazio alle modifiche alla disciplina introdotte dal DLgs. 192/2024

/ Francesco DE ROSA

Lunedì, 7 luglio 2025

x
STAMPA

download PDF download PDF

La circolare del Consorzio Studi e Ricerche Fiscali Gruppo Intesa Sanpaolo del 14 maggio scorso, nel trattare delle novità in tema di riporto di perdite fiscali introdotte con il DLgs. 192/2024, ha dedicato ampio spazio alla disciplina applicabile in caso di fusione.

Il contenuto del previgente art. 172 comma 7 del TUIR è stato notevolmente innovato e sono stati aggiunti i nuovi commi 7-bis e 7-ter. Le novità più rilevanti riguardano il limite del patrimonio netto, le modalità di effettuazione del test di vitalità e la soppressione dell’obbligo di sterilizzazione del riporto delle perdite, in caso di fusioni tra società legate da rapporti di partecipazione, fino a concorrenza delle svalutazioni delle partecipazioni fiscalmente dedotte.
A quest’ultimo proposito, il Consorzio Studi ha sottolineato come la limitazione risalisse a prima dell’introduzione del regime della participation exemption, epoca in cui erano deducibili le perdite da svalutazione delle partecipazioni. A oggi, trascorsi oltre 20 anni, sono estremamente limitati i casi in cui la norma in questione poteva ancora avere una qualche utilità; per contro, la sua esistenza continuava a costringere le società a dover ricostruire la genesi delle svalutazioni contabilizzate ed eventualmente dedotte, andando a ritroso nel tempo fino a prima del 2003.

La circolare inizia la sua analisi dall’estensione delle limitazioni al riporto delle perdite anche agli interessi passivi indeducibili e all’eccedenza di ACE, ora prevista dal comma 7-ter dell’art. 172 del TUIR. Rispetto al dubbio se il limite del patrimonio netto (oltre il quale le perdite, gli interessi e le eccedenze ACE non sono riportabili) debba applicarsi separatamente o cumulativamente a queste diverse voci, l’Agenzia delle Entrate “ha preferito la soluzione più cautelativa”, ovvero quella dell’applicazione cumulativa. Questa soluzione, adesso, dovrebbe essere confermata anche qualora si faccia riferimento al patrimonio netto economico e non al patrimonio netto contabile.

Nessuna limitazione dovrebbe, invece, essere prevista per le eccedenze di ROL e di interessi attivi (in applicazione dell’art. 96 del TUIR): secondo il Consorzio Studi, la mancata estensione dei vincoli dell’art. 172 a queste voci ne confermerebbe la riportabilità senza alcuna limitazione.

Interessanti considerazioni sono poi riservate a quella che è forse la maggiore innovazione apportata dal DLgs. 192/2024, ovvero l’introduzione del limite del patrimonio netto economico (il cui valore deve essere attestato da perizia giurata) in aggiunta a quello del patrimonio netto contabile. In particolare, la circolare afferma che la scelta della società di avvalersi del patrimonio netto contabile non dovrebbe essere mai sindacabile dall’Agenzia delle Entrate, neanche, ad esempio, qualora la società ne abbia convenienza perché esso è superiore al patrimonio netto economico.

Quanto al test di vitalità (che consiste nel confronto tra ricavi e proventi dell’attività caratteristica, nonché spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, dell’ultimo esercizio e il 40% della media delle stesse voci riferite ai due esercizi precedenti), il Consorzio Studi rileva che esso è sostanzialmente invariato. Ora, però, non si fa più riferimento all’ultimo esercizio chiuso prima della delibera di fusione, bensì all’ultimo esercizio chiuso prima dell’efficacia giuridica della fusione, il che può portare a esiti del test molto diversi qualora delibera ed efficacia cadano a cavallo della chiusura del periodo d’imposta.

Il test di vitalità deve essere effettuato, in base all’attuale testo della norma, anche in riferimento al periodo nel corso del quale la fusione ha efficacia, non solo in riferimento all’ultimo esercizio precedente, come già affermato in via interpretativa dall’Agenzia delle Entrate (ris. 10 aprile 2008 n. 143). Non pare si sia tenuto conto, però, come sottolinea la circolare, delle distorsioni che si potrebbero creare per le attività stagionali, dal momento che prendere in considerazione solo una parte dell’esercizio, ragguagliando ad anno i dati che ne derivano, potrebbe segnalare casi di scarsa vitalità solo apparenti, perché scaturiti da un andamento dei ricavi e dei costi non lineare nel corso dell’esercizio.

La circolare, poi, commenta la modifica legislativa per cui, in caso di retrodatazione degli effetti fiscali della fusione, le limitazioni al riporto delle perdite si applicano solo alla società incorporata e non all’incorporante, il cui esercizio non subisce alcuna interruzione, richiamando la prassi di Assonime (circ. n. 31/2007) e un passaggio della relazione illustrativa al DLgs. 192/2024.

Infine, una tesi particolarmente interessante è espressa a proposito dell’interpello disapplicativo, tutt’ora esperibile nonostante la norma non vi faccia più riferimento. Secondo il Consorzio Studi, è possibile farvi ricorso anche qualora la società “non intenda onerarsi della perizia giurata oppure quando, pur disponendo della perizia ritenga di poter così limitare il rischio che possa esserne sindacata la congruità”.

TORNA SU