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Venerdì, 4 luglio 2025 - Aggiornato alle 6.00

IL CASO DEL GIORNO

Contraddittorio e diritto di difesa garantito nel procedimento pre-fallimentare

/ Antonio NICOTRA

Venerdì, 4 luglio 2025

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L’art. 22 comma 4 del RD 267/42 prevede che, se la Corte d’Appello accoglie il reclamo del creditore ricorrente o del pubblico ministero istante il fallimento, rimette, d’ufficio, gli atti al tribunale per la dichiarazione di fallimento, salvo che, anche su segnalazione di parte, accerti il venir meno dei relativi presupposti.

Una nuova convocazione del debitore, in tale fase, si rende necessaria solo in presenza di una segnalazione della parte circa l’esistenza di fatti sopravvenuti e idonei ad incidere sui presupposti della dichiarazione di fallimento.
Il decreto con cui la Corte d’Appello ha rimesso gli atti al tribunale per la dichiarazione di fallimento dev’essere comunicato alle parti, ex art. 22 comma 3 del RD 267/42, al fine di consentire alle stesse di segnalare al Tribunale l’eventuale, sopravvenuta modifica dei presupposti per la dichiarazione di fallimento, in assenza della quale la cognizione del giudice resta vincolata al “dictum” della corte, investita di tutti gli elementi, preesistenti o sopravvenuti, rilevanti per la verifica dei presupposti, ove intervenuti anteriormente alla sua pronuncia (Cass. n. 6594/2017).

Ne consegue che, solo in presenza di fatti successivi (segnalati) il tribunale, verificata la persistenza della domanda del creditore o del P.M., dovrà statuire secondo lo schema procedimentale di cui all’art. 15 del RD 267/42, consentendo l’effettivo dispiegarsi del diritto di difesa delle parti; diversamente, sarebbe superflua l’ulteriore audizione del debitore, il quale ha già esercitato il diritto di difesa in sede di reclamo e nel corso dell’istruttoria prefallimentare (Cass. n. 15862/2013).

Con la rimessione degli atti ai sensi dell’art. 22 comma 4 del RD 267/42, il giudizio che si svolge davanti al tribunale integra la prosecuzione del procedimento per la dichiarazione di fallimento, di cui costituisce una fase, contraddistinta dal contraddittorio, sebbene privo di una forma predeterminata per la natura camerale del giudizio (Cass. n. 3117/2023).
Muovendo da tali premesse, la Cassazione, con l’ordinanza 29 maggio 2025 n. 14342, ha ribadito come il principio del contraddittorio e il diritto di difesa del debitore permangono nel procedimento (camerale e sommario) che precede la dichiarazione di fallimento, quando il debitore sia informato dell’iniziativa in corso e dei fatti rilevanti per la configurazione dei requisiti oggettivi e soggettivi ai fini della declaratoria di apertura della procedura.

Il diritto di difesa esercitato in sede di reclamo ex art. 22 del RD 267/42, dinanzi alla Corte di Appello, è garantito senza la necessità di un’ulteriore convocazione del debitore da parte del tribunale, al quale siano rimessi gli atti per la dichiarazione di fallimento (Cass. nn. 19337/2023 e 12075/2020).

La comunicazione del decreto, ex art. 22 comma 3 del RD 267/42, resta funzionale all’esercizio del diritto di difesa solo per l’eventuale indicazione di elementi sopravvenuti da sottoporre alla cognizione del tribunale (Cass. nn. 19337/2023 e 12075/2020), che possono far insorgere l’esigenza di una nuova audizione del debitore, restando altrimenti superflua, in ragione della circostanza che il debitore è già stato in grado di contraddire nel procedimento di reclamo e nel corso dell’istruttoria prefallimentare (Cass. n. 12075/2020).

A margine dell’ordinanza, la Corte di Cassazione ribadisce, altresì, il principio secondo il quale, in tema di accertamento dello stato di insolvenza di società in liquidazione, la valutazione dei presupposti ex art. 5 del RD 267/42 deve essere effettuata con riferimento alla situazione esistente alla data della sentenza di fallimento (c.d. insolvenza “statica” o “patrimoniale”) ed è diretta ad accertare che gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l’integrale soddisfacimento dei creditori (Cass. n. 12156/2024), sulla base di elementi rimessi al prudente apprezzamento del giudice.

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