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IMPRESA

Scioglimento automatico di cooperative per sottrazione alla vigilanza illegittimo

La sanzione dello scioglimento è sproporzionata perché automatica e non graduabile

/ Edoardo MORINO

Venerdì, 8 agosto 2025

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Con la sentenza n. 116/2025, la Consulta ha stabilito che è costituzionalmente illegittimo l’art. 12 comma 3 secondo periodo del DLgs. 220/2002 nella parte in cui stabilisce che agli enti cooperativi che si sottraggono all’attività di vigilanza si applica il provvedimento di scioglimento per atto dell’autorità, ai sensi degli artt. 2545-septiesdecies c.c. e 223-septiesdecies disp. trans. c.c., con conseguente obbligo di devoluzione del patrimonio ai sensi dell’art. 2514 comma 1 lett. d) c.c., anziché prevedere che l’autorità di vigilanza nomini un commissario, ai sensi dell’art. 2545-sexiesdecies c.c., anche nella persona del legale rappresentante o di un componente dell’organo di controllo societario, che si sostituisca agli organi amministrativi dell’ente limitatamente al compimento degli specifici adempimenti indicati (si veda “La mera sottrazione all’attività di vigilanza non scioglie la cooperativa” del 22 luglio 2025).
La pronuncia segna l’esito del giudizio promosso dal Consiglio di Stato, con l’ordinanza del 4 settembre 2024, nell’ambito di un procedimento tra il MIMIT e una società cooperativa destinataria di un decreto di scioglimento adottato dal Ministero ai sensi della disposizione oggetto del giudizio (si veda “Dubbi di costituzionalità sullo scioglimento automatico delle cooperative” del 2 novembre 2024).

Dal punto di vista sistematico, i giudici costituzionali, richiamando la “funzione sociale” che l’art. 45 comma 1 Cost. riconosce alla cooperazione, sottolineano l’attualità del mandato costituzionale a promuovere e favorire l’“incremento con i mezzi più idonei” di tale modello organizzativo, oggi in grave crisi anche a causa di una legislazione che, secondo la Corte, stenta a rispettare tale mandato. A fronte della perdita di peso dei vantaggi fiscali, si citano norme “non particolarmente incentivanti” per questa tipologia di impresa, fra cui quella dettata dall’art. 1 comma 936 lett. b) della L. 205/2017, che prevede, con l’obiettivo di contrastare il fenomeno delle “false cooperative”, l’abolizione della figura dell’amministratore unico di società cooperativa.

Ciò premesso, la Consulta ritiene che l’art. 12 comma 3 secondo periodo del DLgs. 220/2002 non superi il test di connessione razionale tra mezzi predisposti e fini perseguiti e il test di necessità.
Posto che il primo periodo mantiene fermo quanto previsto dall’art. 2638 comma 2 c.c., che sanziona penalmente i comportamenti dolosi di ostacolo all’attività di vigilanza, si rileva che:
- la misura dello scioglimento anticipa, senza adeguata giustificazione, la soppressione dell’ente cooperativo rispetto all’accertamento della mancanza dei requisiti mutualistici;
- la fattispecie sanzionata ricomprende non solo le condotte attive e fraudolente, ma anche quelle omissive e soltanto negligenti, dal significato molto meno univoco.
Anche il mancato monitoraggio della PEC da parte del legale rappresentante, come nel caso all’origine del giudizio che qui si commenta, viene così assimilato alla mancanza dei requisiti mutualistici.

La disposizione in esame è, quindi, idonea a determinare lo scioglimento di cooperative che, se sottoposte a revisione, risulterebbero in possesso dei requisiti mutualistici.

In quest’ottica, appare evidente che il legislatore abbia rinunciato, sotto il profilo della necessità, a ricorrere a strumenti più flessibili che sarebbero stati comunque in grado di dare attuazione in via coattiva alla funzione pubblica di controllo e di superare l’eventuale ostacolo a essa frapposto.
Sul punto si ricorda che:
- nel quadro normativo precedente al DLgs. 220/2002, la prassi amministrativa, in assenza di una disciplina di fonte primaria sulla condotta di sottrazione all’attività di vigilanza, aveva applicato la meno grave sanzione della gestione commissariale;
- tra il 2012 e il 2018, il legislatore aveva previsto – in forza dell’art. 12 comma 5-ter del DLgs. 220/2002, nella formulazione in vigore fino al 31 dicembre 2017 – che la suddetta condotta venisse colpita soltanto con una sanzione amministrativa pecuniaria.
Alla luce del particolare favor riservato dalla Costituzione al fenomeno cooperativo, la disposizione censurata non supera neanche il test di proporzionalità in senso stretto.

Lo scioglimento, inoltre, potrebbe incidere pesantemente anche sulla sfera delle persone fisiche che compongono l’ente – precludendo, per esempio, al socio che presti attività lavorativa nella cooperativa la possibilità di esercitare il suo diritto al lavoro – e sugli stakeholder.

Si ritengono, infine, fondate anche le censure che il Consiglio di Stato ha sollevato qualificando lo scioglimento come una sanzione caratterizzata da una sproporzione intrinseca o “cardinale” in quanto “automatica e non graduabile”, giacché detta sanzione – l’unica applicabile – finisce per omologare condotte sia attive e intenzionali, sia, soprattutto, omissive e soggettivamente soltanto colpose.

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