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FISCO

L’Agenzia delle Entrate avalla la certificazione cumulativa di residenza fiscale

Semplificazione procedurale della risposta a interpello n. 203/2025 per i fondi di investimento

/ Gianluca ODETTO

Giovedì, 7 agosto 2025

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La risposta a interpello n. 203/2025 pubblicata ieri torna a occuparsi del “battuto” tema dei dividendi di fonte italiana corrisposti a soggetti non residenti per il tramite di entità estere trasparenti.
Le conclusioni (e in particolare quella per cui i benefici convenzionali possono spettare in capo agli investitori che operano per il tramite dell’entità trasparente) ricalcano quanto già espresso più volte dalla prassi nazionale; vi sono, al contrario, elementi di un certo interesse in relazione ai profili procedurali per l’applicazione diretta della Convenzione o per il rimborso dell’imposta italiana, che per certi versi possono anche assumere portata di carattere generale.

La situazione esaminata riguarda una struttura articolata su base internazionale con l’obiettivo di fornire prestazioni pensionistiche integrative, in cui in sostanza alcune società giapponesi dedite a questa attività effettuano investimenti su base mondiale con la sottoscrizione da parte dei propri fondi pensione di quote di trust sempre giapponesi, i quali investono anche in azioni di società italiane.
Questi trust versano poi alle società giapponesi i dividendi, che concorrono alla formazione delle prestazioni pensionistiche erogate a scadenza periodica ai beneficiari finali, i quali sono persone fisiche con residenza in Giappone.

La prima questione, come detto, era rappresentata dalla valutazione in merito alla possibilità o meno di beneficiare della Convenzione Italia-Giappone e, se del caso, in merito al soggetto a cui competono tali benefici (rappresentati nel caso di specie dalla ritenuta ridotta del 15% prevista dall’art. 10 par. 2 lett. b) della Convenzione Italia-Giappone in luogo di quella ordinaria del 26% prevista dall’art. 27 del DPR 600/73).

La conclusione, in linea con il Partnership Report del 1999, riprodotto nei suoi principi di massima nel Commentario all’art. 1 del modello OCSE 2017, è quella per cui il trust, poiché non rappresenta un autonomo soggetto d’imposta, non può accedere ai benefici convenzionali; possono però fruirvi i partner del soggetto trasparente (nella fattispecie, le società giapponesi), nella misura in cui i redditi siano loro attribuiti ai fini dell’imposizione nel rispettivo Stato di residenza; a questa casistica è equiparata quella dei fondi che hanno natura di mero veicolo e che distribuiscono in modo sistematico i proventi ai sottoscrittori.
Per le società giapponesi, in particolare, il “via libera” è stato riconosciuto in virtù della loro ricomprensione tra i soggetti passivi d’imposta, indipendentemente dalla circostanza per cui i redditi di natura pensionistica sono esenti da imposizione in capo a tali società in base alla normativa nipponica.

Di maggiore interesse risultano i profili procedurali. Nel caso specifico, infatti, l’Amministrazione finanziaria giapponese aveva rilasciato un singolo certificato di residenza per i trust, che elencava tutti i beneficiari effettivi dei dividendi e attestava che essi erano residenti in Giappone e avevano titolo a beneficiare della Convenzione.

Il tema non è nuovo nella prassi OCSE, tanto che la parte del Commentario all’art. 1 del modello dedicata agli organismi di investimento collettivo (e in particolare i § 43-45 del Commentario all’art. 1) consiglia agli Stati membri di adottare procedure semplificate nella documentazione, ad esempio con il censimento periodico dei sottoscrittori che, in virtù della residenza in un determinato Paese, possono beneficiare della Convenzione con lo Stato della fonte dei redditi.
In quest’ottica, la certificazione cumulativa rilasciata dal Giappone è stata accettata dall’Agenzia delle Entrate, a condizione che a essa venga allegato l’elenco dei codici fiscali di ciascun beneficiario e la specifica dell’anno di riferimento della residenza (nel caso concreto, la soluzione positiva ha trovato un aiuto nella circostanza per cui tutti i beneficiari erano residenti giapponesi).

Presenta un interesse particolare, inoltre, l’indicazione per cui, ove si richieda il rimborso dell’imposta italiana, la documentazione bancaria rappresentata dalle contabili che identificano esaustivamente il soggetto coinvolto, il suo Stato di residenza, la data dell’operazione, l’ammontare trattenuto, la causale del trasferimento e l’ammontare netto trasferito fanno piena prova nei confronti del Fisco.
Tale “apertura” dovrebbe assumere portata generale, posto che sono frequenti le contestazioni nate da una presunta incompletezza della documentazione presentata allo scopo.

Da ultimo, la risposta n. 203/2025 ritiene che, sempre nell’ipotesi in cui l’imposta italiana sia prelevata nella misura ordinaria del 26% e si avanzi la richiesta di rimborso della differenza rispetto all’aliquota convenzionale, l’istanza (modello A) non potrebbe essere cumulativa, ma al contrario dovrebbe essere presentata da ciascun singolo soggetto non residente; non viene data una motivazione particolare, se non quella del fatto per cui le istruzioni al modello, approvate con provv. Agenzia delle Entrate n. 84404/2013, prevedono la richiesta da parte di un singolo soggetto.

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