Maggiorazioni di prezzo a perimetro definito
Con la sentenza n. 27592 depositata ieri, la Cassazione torna a occuparsi della valutazione delle commesse pluriennali, con specifico riferimento alle maggiorazioni di prezzo richieste in applicazione di disposizioni di legge oppure di clausole contrattuali, delle quali, ai sensi dell’art. 93 comma 2 del TUIR, si tiene conto in misura non inferiore al 50%, se non definitivamente stabilite.
In particolare, i giudici di legittimità ribadiscono che rientrano nell’ambito applicativo della disposizione e, come tali, sono assoggettabili a tassazione in misura non inferiore al 50%, già al momento della richiesta (stante la certezza della pretesa, in quanto scaturiti dalla legge o dal contratto):
- i redditi derivanti da proventi accessori al contratto, qual è la vendita di materiale non impiegato nell’appalto;
- i corrispettivi per i servizi aggiuntivi richiesti;
- le variazioni del costo dei materiali e della manodopera, ove incidenti nella variazione di almeno il 10% dell’importo complessivo del contratto, ai sensi dell’art. 1664 c.c.
Diversamente, non sono soggette a tassazione nell’anno della richiesta né le “riserve di cantiere”, né le “riserve per varianti in corso d’opera”, poiché entrambe prive del requisito della certezza alla data di iscrizione nel libro giornale o nella contabilità di cantiere, sostanziandosi piuttosto in proposte di modifica del contratto. Uguale sorte anche per le “riserve” che si traducono in istanze risarcitorie, poiché mirano alla reintegrazione del patrimonio dell’appaltatore (in senso conforme, già Cass. n. 25499/2011 e la norma di comportamento AIDC n. 157/2004).
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