Per i professionisti senza regolarità fiscale, niente compensi dalla P.A.
Al momento dell’emissione della fattura, il professionista dovrà allegare la prova di essere in regola dal punto di vista fiscale e contributivo
L’art. 129 comma 10 del Ddl. di bilancio introduce una condizione di regolarità fiscale e contributiva come presupposto necessario per il pagamento dei compensi ai liberi professionisti che rendono prestazioni in favore delle amministrazioni pubbliche.
In sintesi, il professionista che lavora con la Pubblica Amministrazione sarà tenuto a produrre la documentazione comprovante la regolarità fiscale e contributiva contestualmente alla presentazione della fattura per le prestazioni rese.
Nell’ordinamento tributario, è bene ricordare, non esiste una definizione di “irregolarità fiscale”. Tuttavia in determinate ipotesi è stata normativamente prevista la necessità che occorra, anche alla luce di violazioni “non definitive”, un documento che attesti la regolarità della propria posizione.
Si pensi al DURC, il documento unico di regolarità contributiva, ossia il documento che attesta la regolarità della posizione previdenziale dell’operatore economico presso INPS, INAIL e Cassa edile (per alcune imprese), oppure al Certificato dei debiti contributivi e per premi assicurativi, che certifica, su richiesta dell’INPS e dell’INAIL, le esposizioni debitorie a titolo di contributi e premi assicurativi alla data della richiesta sulla base delle risultanze degli archivi (art. 363 del DLgs. n. 14/2019).
Il DURF, inoltre, attesta il possesso dei requisiti per la disapplicazione degli obblighi posti a carico delle imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici (art. 17-bis comma 5 del DLgs. 241/97).
Manca dunque, allo stato attuale, un documento che attesti la regolarità fiscale per i professionisti, ragione per cui la nuova disposizione, se approvata, dovrà dare precise indicazioni per la sua attuazione.
Stando a una prima lettura della norma, la documentazione sarà richiesta a prescindere dalla circostanza che i debiti tributari e previdenziali siano o meno nei confronti della Pubblica Amministrazione.
Non vengono per il momento previsti, neppure, limiti quantitativi per quanto riguarda una “soglia minima” dei debiti a capo del professionista né un eventuale limite da applicare al compenso da sottoporre a “blocco”.
In mancanza di requisiti specifici non si può escludere la possibilità, per assurdo, che un compenso non venga corrisposto alla luce di irregolarità minime o meramente formali, che ben poco hanno a che fare con le prestazioni svolte dal professionista.
Queste preoccupazioni sono state già almeno in parte raccolte dal Consiglio nazionale forense il quale, in una nota pubblicata il 27 ottobre 2025, parla di norma discriminatoria che rischia di introdurre una disparità di trattamento tra professionisti e dipendenti pubblici.
In passato le linee guida di ANAC n. 12 del 24 ottobre 2018 (§ 3.1.5) avevano già tentato di imporre ai professionisti del settore legale di produrre alle pubbliche amministrazioni il DURC, facendo rientrare i servizi legali nella disciplina degli appalti. Non era mancata l’opposizione del CNF, il quale tuttavia non aveva avuto altra scelta che adattarsi alla prassi in uso presso gli uffici predisponendo sul sito della Cassa un modulo per la richiesta per il rilascio di un documento analogo al DURC.
Si tratta, non bisogna infine dimenticare, di dati già in possesso della Pubblica Amministrazione, che sarebbe allo stato attuale in grado di verificare in autonomia la regolarità contributiva e fiscale del professionista (sul divieto di richiesta di dati già in possesso, cfr. art. 6 comma 4 della L. n. 212/2000 e art. 7 comma 1 lett. f) del DL n. 70/2011).
Vietata ogni riproduzione ed estrazione ex art. 70-quater della L. 633/41