Non neutrale la permuta di cosa presente contro cosa futura
Il bene ricevuto, poiché non è ancora esistente, non può essere considerato ammortizzabile
Con la risposta a interpello n. 283, pubblicata ieri, l’Agenzia delle Entrate ha fornito un interessante chiarimento circa l’applicabilità (o, sarebbe meglio dire, la non applicabilità) del regime di neutralità di cui all’art. 86 comma 2, ultimo periodo, del TUIR, ad una permuta di cosa presente contro cosa futura.
Il caso è piuttosto interessante e non tanto raro, perché operazioni di questo genere sono frequenti soprattutto nel campo immobiliare, nel quale si usa permutare un terreno con uno o più degli immobili che l’acquirente vi dovrà costruire. È proprio quello che accade nel caso oggetto della risposta a interpello n. 283/2025, nel quale un terreno è ceduto a fronte dell’impegno a cedere alcuni dei posti auto che vi saranno costruiti, oltre che a corrispondere un conguaglio in denaro.
La permuta di cosa presente contro cosa futura è soggetta alle norme della permuta (art. 1552 c.c.) e della vendita di cosa futura (art. 1472 c.c.) Nel TUIR la permuta è equiparata ad una cessione in forza di quanto previsto dall’art. 9 comma 5 (“Ai fini delle imposte sui redditi, laddove non è previsto diversamente, le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento”); in assenza di incasso di denaro, il corrispettivo è determinato in misura pari al valore normale ex art. 9 comma 3 del TUIR del bene ricevuto in contropartita.
L’art. 86 del TUIR, che disciplina l’imponibilità delle plusvalenze conseguite nell’ambito del reddito d’impresa, al secondo comma detta una regola speciale per le cessioni il cui corrispettivo è costituito “esclusivamente da beni ammortizzabili, anche se costituenti un complesso o ramo aziendale”: fatta salva la rilevanza del conguaglio eventualmente pattuito, la permuta può essere fiscalmente neutrale se il bene ricevuto è iscritto in contabilità allo stesso valore del bene ceduto.
Un esempio può aiutare a rendere più chiare le regole appena illustrate. Si immagini di avere in bilancio un bene del valore contabile/fiscale di 100.000 euro, che viene dato in permuta per acquisirne uno del valore normale di 300.000 euro: secondo la regola generale, emergerebbe una plusvalenza di 200.000 euro, pari alla differenza tra il valore fiscale del bene ceduto ed il valore normale del bene acquisito.
In applicazione dell’art. 86 comma 2, ultimo periodo, del TUIR, se il bene ricevuto è iscritto in contabilità al valore di 100.000 euro, non emerge alcuna plusvalenza. Ipotizzando che il bene ceduto abbia un valore di mercato di 350.000 euro (e non 300.000 come finora implicitamente assunto), e quindi la controparte corrisponda un conguaglio di 50.000 euro, l’iscrizione in contabilità a 100.000 euro consentirebbe di considerare imponibile solo il conguaglio di 50.000 euro.
La norma può consentire, quindi, di “congelare” plusvalenze anche di una certa rilevanza.
La continuità dei valori di iscrizione in bilancio, che essa richiede, non è sempre conforme alle prescrizioni dei principi contabili. Secondo l’OIC 16 (§§ 82 e 83), infatti, la continuità contabile è riservata solo alle permute che servono per procurare “la disponibilità di un cespite di analoghe caratteristiche funzionali, senza l’obiettivo di conseguire un componente positivo di reddito”, e non anche alle permute nelle quali lo scopo di fatto è di realizzare una compravendita, il cui corrispettivo è in parte pagato con il bene ceduto o acquisito.
Tuttavia, l’eventuale disallineamento dai principi contabili non dovrebbe essere un problema, o, quanto meno, non dovrebbe poter essere sindacato dall’Agenzia delle Entrate, alla luce della formulazione della norma.
L’unica condizione per la sua applicazione è che il bene ricevuto in cambio di quello ceduto sia un bene ammortizzabile (ne sono esclusi, quindi, i terreni, i fabbricati civili ed i beni merce).
Questa condizione, che il bene ricevuto sia ammortizzabile, è però, stringente, come sottolineato nella risposta a interpello in commento. L’Agenzia delle Entrate, quindi, non concorda con il contribuente circa l’applicabilità dell’art. 86 comma 2, ultimo periodo, del TUIR alla permuta di cosa presente contro cosa futura, affermando che il bene che la società istante deve ricevere, non essendo ancora esistente, e non essendo ancora immesso nel ciclo produttivo, “non è assoggettabile alla procedura di ammortamento fiscale”.
Ne consegue che, alla permuta sottoposta oggetto dell’istanza, può essere applicato esclusivamente il regime ordinario di determinazione della plusvalenza in funzione del valore normale del bene ricevuto.
È, quindi, ora un po’ più definito l’ambito applicativo della norma derogatoria di cui all’art. 86 comma 2, ultimo periodo, del TUIR, sebbene non possa non rilevarsi che si è persa l’occasione di confermare in modo ufficiale che vi rientrino anche i beni – come i fabbricati e i posti auto oggetto dell’interpello – che, in quanto incorporano un terreno, sono solo parzialmente ammortizzabili.
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