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OPINIONI

Contro il ceto medio un cosciente «abuso fiscale»

Nonostante il taglio IRPEF riduca l’incongruenza tra la tassazione dei redditi di lavoro dipendente e di capitale taluni lo bollano come aiuto ai «ricchi»

/ Enrico ZANETTI

Martedì, 11 novembre 2025

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Sono tassati di più i redditi dei lavoratori dipendenti e dei pensionati di quanto sono tassati i redditi di capitale.
Questa frase ad effetto ricorre spesso nei dibattiti televisivi e nei comizi politici e sindacali, ma, come tutte le mezze verità vendute alla stregua di verità assolute, finisce per supportare tesi destituite di ogni pregio.

Il confronto parte dall’assunto, verissimo, che i redditi di capitale sono tassati con un’aliquota flat del 26%, mentre i redditi di lavoro e pensione, che stanno nella progressività IRPEF, scontano aliquote nominali che arrivano al 43% e già a partire da 28.000 euro scontano un’aliquota nominale del 35% (in procinto di essere abbassata al 33%), oltre ad addizionali regionale e comunale che, in corrispondenza dei redditi più elevati, possono valere anche 3 punti percentuali aggiuntivi.

Tuttavia, il dogma, anche se sapientemente ripetuto all’infinito e sino all’intontimento cognitivo di chi se lo sente ripetere, rimane vero solo per i lavoratori dipendenti e per i pensionati che dichiarano un reddito complessivo lordo superiore a 50.000 annui, perché, tra aliquota nominali, scaglioni di reddito e detrazioni, lavoratori dipendenti e pensionati sotto questa soglia di reddito complessivo scontano un’IRPEF netta inferiore al 26%: fino a 20.000 euro, non supera mediamente il 7% per i lavoratori dipendenti e il 13% per i pensionati; fino a 35.000 euro non supera mediamente il 18% per i lavoratori dipendenti e il 21% per i pensionati).

Per lavoratori dipendenti e pensionati che dichiarano invece un reddito complessivo tra 50.000 e 55.000 euro, l’IRPEF netta si attesta mediamente al 26,5% e continua ovviamente a salire per le fasce di reddito complessivo superiori, superando il 30% alla soglia di 70.000 euro e il 35% alla soglia di 120.000 euro (sempre, ovviamente, più addizionali regionale e comunale).

In tutto questo, nell’istante in cui vengono prefigurate modifiche normative che si propongono di dare una sforbiciatina al prelievo IRPEF di chi dichiara redditi complessivi lordi superiori a 50.000 euro, verrebbe da immaginare che, chi è in stato di perenne indignazione, per il fatto che i redditi dei lavoratori dipendenti e dei pensionati sono tassati più dei redditi di capitale, plauda a una iniziativa che riduce questa obiettiva incongruenza.

Invece, quando questo accade, come nel disegno di legge di bilancio presentato dal Governo e attualmente in discussione in Parlamento, succede che taluni di coloro, che si indignano per questa obiettiva incongruenza, bollino le misure, che vorrebbero per l’appunto iniziare a ridurla, come un inaccettabile aiuto mirato per i “ricchi”.

Resta da capire se anche questa sorprendente reazione è una incongruenza, oppure se è il congruentissimo risultato di un cosciente e cinico abuso di quella minoranza (poco appetibile elettoralmente e sindacalmente) di “penultimi del fisco”, gergalmente nota anche come “ceto medio” (ossia coloro che, a differenza dei ceti più elevati, vivono del loro lavoro più che di ingenti patrimoni, ma che, a differenza dei ceti più bassi, dal loro lavoro conseguono redditi più elevati della media).

Un abuso che è di rappresentanza e che serve per poter affermare l’esistenza di problemi che senza di loro non potrebbero essere declamati, salvo poi, al dunque, scaricarli sistematicamente, per dirottare gli interventi sempre e comunque sugli “ultimi del fisco” (il cui problema, checché se ne dica, non è pagare troppa IRPEF, ma avere appunto salari e pensioni troppo bassi).

Su 22.700.901 contribuenti che dichiarano prevalentemente o esclusivamente redditi di lavoro dipendente, quelli con reddito complessivo superiore a 50.000 euro sono solo 1.326.716 (pari al 5,8%) e, di questi, 1.070.840 (pari all’80,7%) sono compresi nella fascia che arriva fino a 100.000 euro.
Su 13.526.466 contribuenti che dichiarano prevalentemente o esclusivamente redditi da pensione, quelli con reddito complessivo superiore a 50.000 euro sono solo 569.922 (pari al 4,2%) e, di questi, 518.139 (pari al 90,9%) sono compresi nella fascia che arriva fino a 100.000 euro.

Considerare “ricchi”, da lasciare al loro destino fiscale, perché non è mai il loro turno nemmeno per una sforbiciatina, questi 1.588.979 lavoratori dipendenti e pensionati con reddito complessivo lordo tra 50.000 e 100.000 euro annui, è del tutto legittimo.
In tal caso, però, se non si intende rappresentare con onestà intellettuale anche le legittime aspirazioni di questa fascia di lavoratori e di pensionati, si smetta di parlare a nome di lavoratori e pensionati che pagano sui loro redditi più tasse dei redditi di capitale.

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