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Lunedì, 17 novembre 2025 - Aggiornato alle 6.00

IL CASO DEL GIORNO

Analisi della vulnerabilità per l’autovalutazione del rischio riciclaggio

/ Stefano DE ROSA

Lunedì, 17 novembre 2025

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L’autovalutazione del rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo connesso all’attività professionale, descritta nella regola tecnica CNDCEC n. 1 e propedeutica all’adozione di presidi e procedure adeguati alla natura e alle dimensioni dello studio, prevede i seguenti passaggi:
- individuazione del rischio inerente all’attività dello studio (con l’attribuzione di un punteggio da 1 a 4, a seconda della rilevanza, a fattori quali la tipologia di clientela, l’area geografica di operatività, i canali distributivi e i servizi offerti);
- analisi dell’adeguatezza dell’assetto organizzativo e dei presidi (c.d. “vulnerabilità”), con l’attribuzione di un punteggio (sempre da 1 a 4) a fattori quali la formazione, l’organizzazione degli adempimenti di adeguata verifica della clientela, conservazione, segnalazione di operazioni sospette e comunicazione delle violazioni alle norme sull’uso del contante;
- calcolo del rischio residuo, mediante una media ponderata del valore attribuito al rischio inerente all’attività (considerato al 40%) e di quello attinente alla vulnerabilità (considerato al 60%).

Sulla base del valore ottenuto, si attribuisce al rischio connesso alla propria attività un livello, individuato tenendo presente la seguente scala graduata:
- da 1 a < 1,6: rischio non significativo;
- da 1,6 a < 2,6: rischio poco significativo;
- da 2,6 a < 3,6: rischio abbastanza significativo;
- da 3,6 a 4: rischio molto significativo.

Indicazioni operative per il calcolo delle varie componenti del rischio inerente e della vulnerabilità sono contenute, oltre che nella nuova versione dell’Analisi nazionale dei rischi Comitato di sicurezza finanziaria del Ministero dell’Economia (pubblicata il 27 maggio 2025), nelle Linee guida sulla adeguata verifica del CNDCEC (pubblicate nel maggio 2019).

Per quanto riguarda l’analisi del rischio inerente all’attività dello studio nelle Linee guida si evidenzia come sia “un processo di raccolta delle informazioni e mappatura della clientela del soggetto obbligato al fine di determinare i rischi attuali o potenziali cui si è esposti nell’ambito dell’attività svolta”.

In tale ambito assumono particolare rilevanza elementi quali il tipo di attività dei clienti (esposta o meno ad infiltrazioni criminali o legata a particolari settori più a rischio), l’inquadramento giuridico, la presenza o meno di organismi o autorità di controllo (quali collegio sindacale, revisore e organismo di Vigilanza), la complessità e la dimensione aziendale, il volume e l’ammontare delle transazioni del cliente, la presenza di persone politicamente esposte ovvero di soggetti sottoposti a indagini o procedimenti penali, ovvero aventi legami con soggetti a rischio o censiti in liste c.d. “antiterrorismo”, la presenza di enti no profit con elementi di potenziale rischio di finanziamento del terrorismo nonché la qualifica di soggetto destinatario degli obblighi antiriciclaggio in capo allo stesso cliente del professionista.

Secondo le Linee guida:
- un numero molto esiguo di clienti (10%) individuati in sede di adeguata verifica come ad alto rischio possa determinare un indice di rischiosità pari a 1;
- un numero molto limitato di clienti (tra il 10 e il 25%) individuati in sede di adeguata verifica come ad alto rischio possa determinare un indice di rischiosità pari a 2;
- un numero significativo di clienti (tra il 25% e il 40%) individuati in sede di adeguata verifica come ad alto rischio possa determinare un indice di rischiosità pari a 3;
- una percentuale molto significativa (superiore al 40%) di clienti ritenuti ad alto rischio possa determinare un indice di rischiosità pari a 4.

Riguardo all’area geografica di operatività, la stessa è da riferirsi tanto alla sede (o sedi diverse) dello studio professionale, quanto al territorio in cui si esplica la prestazione professionale a favore del cliente (che può coincidere o meno con la sede di quest’ultimo). Per tali analisi è opportuno tenere conto delle relazioni con cui le autorità aggiornano periodicamente la mappa delle zone maggiormente a rischio sia a livello nazionale (indicazioni in tal senso sono desumibili dalla citata Analisi nazionale dei rischi), sia a livello internazionale (ad esempio l’elenco dei Paesi terzi ad alto rischio identificati dalla Commissione europea).

La valutazione deve, poi, tener conto dei diversi ambiti di attività professionale, con particolare riguardo alle prestazioni maggiormente esposte a tentativi di riciclaggio e/o finanziamento del terrorismo. A tal proposito sono individuati i diversi livelli di rischio nella Regola Tecnica n. 2, rispettivamente nella Tabella 1 (prestazioni a rischio inerente non significativo) e nella Tabella 2 (prestazioni a rischio inerente poco significativo, abbastanza significativo o molto significativo).

Per quanto riguarda, infine, i canali distributivi, rispetto alla precedente versione delle regole tecniche, il CNDCEC ha ritenuto opportuno specificare che, di norma, tale fattore è difficilmente associabile all’attività professionale: di conseguenza, la valutazione del rischio allo stesso correlata assume carattere residuale.

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